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L'unione sarda. Due fucilate al petto

All'ennesimo litigio legato ai soldi, il pensionato Ezio Murtas ha imbracciato il fucile e ha ammazzato il figlio Matteo

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Dal nostro inviato
Andrea Manunza
ESCOLCA Steso a un passo dall'uscio di casa, la schiena poggiata sul pavimento e la camicia bianca macchiata di rosso, Matteo Murtas ha avuto la forza di alzare gli occhi ancora una volta. Nell'indistinta e sfocata immagine che gli si presentava davanti, ha visto alla fine del corridoio una figura dai lineamenti conosciuti, un uomo che quarant'anni prima gli aveva dato la vita e ora, in una calda mattina di agosto, aveva deciso di riprendersela a suon di fucilate. Nell'oscurità che avanzava a grandi passi ha fissato il padre e la sua arma, poi la testa è caduta all'indietro ed è calato il buio. Erano le 10,30 di ieri. Poco dopo Ezio Murtas, 79 anni, un passato da amministratore comunale, ha preso il telefono, composto il numero dei carabinieri e spiegato con calma: «Venite a prendermi, ho ucciso mio figlio». Tempo alcuni minuti e via Vittorio Emanuele a Escolca, un paesino di neanche seicento abitanti incastrato tra le valli di Isili, Serri e Gergei, era chiusa al traffico per un tratto lungo diverse centinaia di metri: precauzione necessaria per evitare che qualcuno si avvicinasse all'altezza del civico 59, dove si trovava l'abitazione in cui era avvenuto l'omicidio. Allontanati i curiosi e fatti rientrare nelle proprie case i vicini, i militari della stazione di Gergei e quelli della Compagnia hanno prelevato l'uomo, cristallizzato la scena del delitto, chiamato il pubblico ministero di turno e trasportato l'indagato in caserma a Isili per l'interrogatorio e le formalità di rito. Nel frattempo davanti a quella palazzina su due livelli era arrivata anche la moglie del pensionato, Lisetta Anedda: la donna era andata in chiesa di primo mattino, era all'oscuro di tutto. Anche lei, superato lo choc, è stata presa in consegna dagli uomini dell'Arma, ai quali per tutta la sera ha spiegato quali fossero i rapporti tra lei, il marito e il figlio.
IL DELITTO Un quadro familiare non certo idilliaco, stando a quanto emerso dai racconti dei coniugi. Matteo Murtas, questa l'attuale ricostruzione degli inquirenti, pressava continuamente i genitori per avere denaro nonostante nell'ultimo periodo lavorasse come operaio in qualche cantiere comunale. Richieste legate alla necessità di acquistare droga, è opinione comune tra investigatori e concittadini. Ieri l'ennesimo episodio, quello che ha scatenato la reazione omicida di un padre vecchio e stanco. Il quarantenne era appena rientrato da un bar vicino e probabilmente si apprestava a uscire nuovamente (indossava jeans, scarpe da tennis e camicia elegante), così si è avvicinato al papà che in quel momento si trovava nel giardino sul retro della casa. Questa volta però l'ottantenne ha rifiutato la richiesta e respinto il figlio, quindi ha imbracciato il fucile, glielo ha puntato contro e ha esploso due colpi andati entrambi a segno. Il primo, forse quello fatale, ha centrato uno dei polmoni della vittima. Matteo Murtas ha provato comunque a fuggire, è passato attraverso la piccola porta a vetri che dava sulla cucina ed è corso giù lungo le scale che portavano in strada. Le ferite però erano troppo gravi: è morto a pochi centimetri dal portoncino d'ingresso, mentre il padre già avvisava i carabinieri.

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