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L'unione sarda. L'autopsia: tracce di droga sulla vittima

ESCOLCA. L'omicidio di Matteo Murtas, le fucilate del padre hanno devastato polmone e rene

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ESCOLCA La prima fucilata ha centrato il torace, la seconda ha colpito di striscio, se così si può dire, la coscia e il braccio della parte destra del corpo. Ciò che alle 10,30 di domenica a Escolca ha ucciso Matteo Murtas, fulminato da un'arma calibro 12 impugnata dal padre Ezio, sono stati i pallettoni che hanno spappolato il polmone, il fegato e il rene della vittima, sopravvissuta pochi secondi prima di fuggire e crollare a ridosso della porta che dava sulla strada. C'è di più: nel cadavere sono state trovate tracce di eroina, cocaina e metadone.
Sono gli esiti dell'autopsia fatta al Policlinico universitario di Monserrato dal medico legale Roberto Demontis, incaricato dal pubblico ministero Alessandro Pili, alla presenza della collega Laura Floris di Cagliari, consulente di parte nominata dall'avvocato Gennaro Di Michele, difensore del pensionato settantanovenne in carcere a Buoncammino perché accusato dell'omicidio volontario del figlio, la cui esistenza è finita sul pianerottolo della casa al numero 59 di via Vittorio Emanuele. L'esame necroscopico, cominciato ieri alle 10, è durato tre ore e mezza: tempo necessario a comprendere cosa fosse accaduto in un corpo devastato da due colpi esplosi in rapida sequenza.
Massimo riserbo invece sull'ipotetica distanza dalla quale sono partite le fucilate, segno che il particolare emerso avrà il suo peso nell'economia delle indagini: la tesi della Procura è che il pensionato 79enne, stanco di dover far fronte da una vita alle pressanti richieste di soldi da parte del figlio (40 anni, disoccupato, due volte in cella, nell'ultimo periodo impegnato in un cantiere comunale), domenica mattina abbia respinto l'ennesima pretesa di denaro provocando la reazione dell'uomo. Ne sarebbe nata una mini colluttazione avvenuta nel giardino sul retro della casa (dove i carabinieri di Gergei, della Compagnia e del Reparto operativo hanno anche trovato un cappio appeso a una trave: pare fosse stato messo qualche tempo prima dal giovane) e terminata con il delitto e la successiva chiamata dell'omicida ai carabinieri: «Venite a prendermi, ho ammazzato mio figlio».
La versione resa in carcere da Ezio Murtas al difensore però è diversa. L'anziano ha sostenuto che nell'ultimo periodo il “ragazzo” affermava di possedere una pistola e di sentirsi minacciato da questa presenza. Tre giorni fa gli aveva chiesto di dargliela per evitare problemi, ma il quarantenne aveva lanciato contro di lui un pezzo di legno colpendolo all'addome. Poi con un secondo tronco l'aveva centrato al braccio facendogli premere accidentalmente il grilletto del fucile che teneva in mano «per paura: da anni io e mia moglie dormiamo chiusi a chiave in camera da letto la notte». Lo sparo successivo era stato provocato dal tentativo del figlio di prendergli l'arma. Una fatalità: «Non gli avrei mai fatto del male». Questa mattina l'udienza di convalida in carcere per il pensionato e nel pomeriggio in paese i funerali della vittima. Il 3 settembre il medico Antonello Canu farà una perizia psichiatrica sull'indagato.
Andrea Manunza

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