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L'unione sarda. Le preferenze controllate al seggio

Durante le amministrative di maggio una scrutatrice verificava il rispetto dei patti

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Per ottenere il posto di lavoro non è sufficiente promettere il voto al candidato di riferimento: si deve andare al seggio ed esprimere “quella” preferenza. E non basta: per essere certi che le persone contattate svolgano il proprio “dovere”, ecco pronta una scrutatrice che, mentre sfila la folla di elettori, osserva con attenzione quali tra i nomi che le sono stati forniti facciano effettivamente capolino nella stanza. Se qualcuno tarda, parte una telefonata a chi di dovere. Poco dopo miracolosamente il votante fa la sua comparsa.
È una delle indiscrezioni che emergono dall'inchiesta sulla gestione allegra dell'Igea. Un'indagine che al momento vede come principale protagonista il sindacalista Marco Tuveri, tuttofare ma in realtà ritenuto il vero dominus dell'ente regionale. È sotto accusa per turbativa d'asta, peculato e voto di scambio, reato legato alla presunta costruzione di una “macchina” elettorale alle ultime amministrative di Iglesias lo scorso maggio. Inquirenti e carabinieri ipotizzano la promessa di un'occupazione in cambio della preferenza a Marco Zanda di Nebida, candidato col movimento “Piazza Sella” in appoggio al candidato sindaco Gian Marco Eltrudis. Zanda era stato inserito in lista per contare i voti (alla fine 343) che Tuveri era in grado di procurare in vista delle regionali del 2014. Però l'esponente della Uil, definito «un vero camaleonte» dagli autori dei quattro esposti anonimi che hanno dato il via all'inchiesta del pm Marco Cocco, giura di cadere dalle nuvole. Lui che, secondo le stesse persone, aveva «macchine costose», vestiva «sempre griffato» e possedeva «telefonini di ultima generazione» nonostante «uno stipendio di 1.200 euro al mese», tace. Il suo avvocato Agostinangelo Marras (che difende anche Daniela Tidu, indicata come amante di Tuveri e accusata degli stessi reati) predica prudenza e attende che la Procura chiarisca gli episodi specifici contestati al suo assistito.
Tempo che manca a Massimo Melis, legale del Geoparco diretto dal commissario straordinario Nino Granara. I carabinieri della Compagnia e del Nucleo operativo di Iglesias hanno portato via dal consorzio computer, server e documenti. Gli uffici sono paralizzati, basti pensare che «ieri avrei dovuto ricevere un documento scannerizzato ma senza pc non è stato possibile inviarlo», spiega l'avvocato: «Non capiamo, il Geoparco si occupa di bonifiche e con l'Igea c'è solo un rapporto di collaborazione». Ora presenterà «un'istanza di dissequestro, di perizia o di incidente probatorio. Basta che restituiscano i mezzi per far lavorare decine di dipendenti».
Andrea Manunza

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