Partecipa a labarbagia.net

Sei già registrato? Accedi

Password dimenticata? Recuperala

L'unione sarda. Parità negata, donne in rivolta «Così è solo nei Paesi arabi»

Condividi su:

Quasi tutte gridano allo scandalo, qualcuna ritiene invece che la parità di genere, codificata in legge, non sarebbe servita a nulla. O che comunque non avrebbe cambiato le cose. Chissà. Resta il fatto che tra le donne monta la ribellione: mercoledì mattina il Consiglio regionale, ancora una volta a voto segreto, ha escluso che la legge elettorale sarda possa prevedere la parità di genere, bloccando l'auspicata doppia preferenza.
PROTESTE Lucia Baire, ingegnere, esponente del comitato promotore della visita di Papa Francesco in Sardegna, taglia corto: «È da Paesi arabi dover ricorrere a una legge per avere accesso alla politica e poi, attraverso questa stessa norma, vederci negato un diritto». Aggiunge: «È terribile che il Consiglio si sia espresso così. Direi che è anzi anacronistico: in fondo reggiamo la società». E ora? «Sicuramente è necessario un impegno forte su tutti i fronti perché le donne trovino sempre più spazi per contribuire al bene comune».
PARERI DISCORDANTI Maria Barca, giovane laureata in Scienze della Comunicazione e portavoce del Movimento dei Pastori sardi, è tra le poche a pensarla in modo diverso: «Tutto questo sdegno a mio avviso è ingiustificato. La legge sulla parità di genere sarebbe stata un passo indietro, non un passo avanti. È la stessa questione delle quote rosa, che relegano le donne in un ghetto. Rappresento un movimento prettamente maschile, ma i pastori hanno dimostrato che le donne possono stare in prima linea almeno quanto gli uomini. Le donne si facciano sentire, si propongano. Non c'è bisogno della doppia preferenza per valutare il valore di una donna».
L'IMPRESA Francesca Argiolas, delle Cantine Argiolas di Serdiana, preferisce non addentrarsi nel dibattito politico. Il suo discorso è generale: «La Costituzione dà parità di diritto a tutti. Nel lavoro, e credo anche nella società e nella politica, contano voglia e determinazione: si va avanti se hai passione, competenze e spirito di sacrificio. Direi che andare a cercare differenze tra maschio e femmina non sta in piedi: all'estero questi discorsi neppure li fanno». Michela Giangrasso, organizzatrice di eventi ed esclusivista del concorso Miss Italia Sardegna, si riallaccia a questo concetto: «Ho sempre pensato che le donne possano essere protagoniste in qualunque attività, tranne quelle in cui è richiesta forza fisica. Siamo abituate a fare molte cose in contemporanea, siamo rapide nel prendere decisioni. E forse siamo abituate ad avere giornate un po' più piene rispetto agli uomini. Perché ci deve essere preclusa la possibilità di fare politica? Non c'è un valido motivo per questa bocciatura». Maria Grazia Massimino, dirigente d'azienda, punta invece dritta al cuore della politica: «In Sardegna siamo antistorici: con la legge Golfo l'Italia ha avuto l'encomio della Commissione europea, che sulle quote rosa nei Cda si adeguò a noi». In conclusione, una domanda: «Perché il voto segreto? Serve un movimento di opinione perché il voto sia palese».
«COSTITUZIONE VIOLATA» Mariuccia Cocco, presidente dell'associazione cattolica “Promuoviamo”, storico leader della Caritas, tuona: «È una vergogna». Spiega: «C'è una chiara violazione dell'articolo 3 della Costituzione. È il segno di una diffidenza atavica nei confronti delle donne. Gli uomini vogliono tenere il monopolio per spartirsi il potere. Il caso di Michela Murgia è emblematico: sia da destra che da sinistra le rimproverano di non avere maturato esperienza in politica. Quando mai la stessa esperienza è stata richiesta a un uomo? Tra l'altro è pieno il mondo di politici incapaci. Faccio un appello: donne, non votate per gli uomini che hanno affossato la parità di genere». Dello stesso avviso Rosanna Mura, presidente del comitato Pari opportunità dell'Ordine degli avvocati di Cagliari: «I principi costituzionali vanno attuati e non solo declamati. Il voto di mercoledì conferma l'incapacità da parte del Consiglio di rappresentare pienamente la società. Si è scelto di non tenere conto di un'opportunità di riequilibrio che avrebbe permesso una crescita sociale e culturale importante. In ogni caso, oggi uomini e donne non si riconoscono più in un sistema elettorale maschilista e improntato all'esclusione della metà della popolazione dalle istituzioni». Lalla Careddu, badante e scrittrice sassarese, aggiunge: «M'indigna il voto segreto. Noi donne, nella società, siamo già più avanti rispetto a questa doppia preferenza. In politica sarebbe stato un primo passo: di donne in gamba, nelle professioni, ce ne sono tante».
L'APPELLO Intanto il coordinamento per la Democrazia Paritaria e Partecipata ha rivolto ieri un appello, firmato da 32 donne, perché venga portato in Aula con la massima urgenza, per la discussione e relativa approvazione, «un articolato di legge per rendere effettivo e compiuto il principio della democrazia paritaria e partecipata attraverso lo strumento della doppia preferenza di genere». Basterà?
Lorenzo Piras

Condividi su:

Seguici su Facebook