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L'unione sarda. Alle fonti l'Isola in rivolta

ORUNE. Ieri la manifestazione dei gestori dei siti archeologici senza stipendio

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ORUNE La battaglia forse sta per finire. Ma occorrerebbe vincere la guerra, una volta per tutte. Per farlo forse servirebbe che la mobilitazione e la solidarietà si estendessero a Mamoiada, Bitti, Berchidda, Fluminimaggiore. Giusto quattro dei tanti centri in cui operano cooperative museali o archeologiche dell'isola, che lavorano da anni per rendere sempre meglio fruibili e conosciuti siti di grande interesse. Realtà sovvenzionate da una Regione che dice di voler tutelare la propria identità, ma con altrettanta disinvoltura non è così celere nel remunerare i lavoratori (molti di loro ieri a Su Tempiesu) di un comparto sempre più strategico.
LA PROTESTA CONTINUA Peppino Goddi, presidente della cooperativa L'Arco di Orune (cinque dipendenti, tutti come lui senza stipendio da ben otto mesi) è felice per la toccante e concreta solidarietà ricevuta, ma anche provato per il quinto giorno di astinenza dal cibo. Oggi sarà la sesta notte che trascorrerà nel luogo dove praticamente vive e lavora da quasi vent'anni. Un posto magico, visitato da oltre 5000 turisti l'anno, il 70 per cento stranieri che mostrano grande sensibilità e un'attenzione verso i tesori dell'isola. Una cifra che potrebbe essere decisamente più grande se le fonti sacre di Su Tempiesu si trovassero in una zona più baricentrica. Ma a Orune non ci si arriva per caso, ci si viene perché lo si desidera. E venire alle fonti sacre è sicuramente un'ottima ragione. «Vado ancora avanti perché le motivazioni sono altissime», ha detto ieri mattina Goddi, coccolato da amici e colleghi giunti da tutta l'isola. «Mi piacerebbe che questo mio sacrificio non rimanesse vano e che il testimone della mia protesta venisse raccolto da altri. Non posso continuare a lungo anche perché sarebbe un gesto di autolesionismo che non mi posso permettere. Ho moglie e tre figli e non è giusto che paghino loro il mio sacrificio».
IL SOSTEGNO DEL SINDACO Anche ieri nelle fonti sacre di Su Tempiesu, cinque chilometri dal centro abitato, era tutto ben curato segno di un'attenzione palese per il territorio e il suo valore. Tra i tanti operatori culturali e museali giunti dal nord e dal sud dell'isola che si riconoscono nel Comitato “Nessuno a casa” riuniti in assemblea plenaria, c'era anche il sindaco del paese Michele Deserra con alcuni assessori della sua giunta. Il primo cittadino di Orune rimarca come l'amministrazione in questa sacrosanta vertenza non sia mai stata la controparte, ma a sua volta vittima di meccanismi cavillosi e assurdi che assumono i nomi di patto di stabilità o spending review. «Quello che potevamo fare lo abbiamo fatto», dice Deserra, «abbiamo appena chiuso il bilancio, anche per venire incontro alle esigenze legittime dalla cooperativa L'Arco, i cui soci nelle prossime settimane avranno quello che gli spetta dopo l'approvazione in consiglio. Purtroppo i finanziamenti della Regione li abbiamo ricevuti a fine luglio».
MOBILITAZIONE ALLARGATA Antonella Usai e Mariano Meloni, sono arrivati a Orune da Berchidda dove lavorano al Museo del Vino. «È una protesta legittima per la dignità del nostro lavoro. Un grido d'allarme che condividiamo in pieno - sottolineano i due operatori culturali della Gallura -, sappiamo cosa si prova anche perché noi abbiamo vissuto nel passato una situazione simile». C'è chi per mostrare solidarietà e condividere le ragioni della protesta non ha badato ai chilometri da percorrere come due operatori culturali di Fluminimaggiore.
La protesta il 9 settembre si sposterà a Suni, dove la società che gestisce il nuraghe, il museo e le biblioteche ha vinto una battaglia legale contro la precedente amministrazione. Poi nuova tappa a Portotorres, Isili, Teti e Dorgali.
Luca Urgu

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