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L'unione sarda. Federica non c'è più

È morta la ragazza cagliaritana che ha sfidato il tumore creando un blog e pubblicando le cartelle cliniche sul web

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Sulla sua pagina di Facebook qualcuno ha scritto che alla fine la guerra l'ha vinta “lui”. Ma forse non è così. Forse, a ben guardare, ha davvero vinto Federica, anche se ora non c'è più. Perché il tumore contro cui ha combattuto come una leonessa e che alla fine l'ha portata via, non potrà mai cancellare ciò che questa ragazza cagliaritana è riuscita a realizzare aggrappandosi solo al suo coraggio e alla sua tenacia, incrollabili come il granito della sua terra. Né, soprattutto, potrà mai togliere la speranza che il suo straordinario esempio ha dato a chi oggi subisce lo stesso calvario.
In questo senso lo sconfitto è “lui”. Quel male bastardo che ha tentato senza riuscirci di piegarla, di spegnerne il sorriso, di trasformare una donna nella primavera della vita in una malata terminale sepolta dentro un guscio di disperazione. Federica Cardia, la bella e forte Federica, se n'è andata ieri, a 31 anni, nel silenzio della sua casa di Pirri.
Ne aveva due in meno quando scoprì di avere un cancro al colon. Diploma al liceo Pacinotti, laurea alla Sapienza di Roma, un posto di lavoro alla Sony, dopo i primi momenti di disperazione decise di alzare subito la testa. Così, nonostante i medici le avessero detto che non c'era nulla da fare, pubblicò su Facebook le sue cartelle cliniche chiedendo a chiunque poteva di aiutarla. Anche economicamente. Era decisa a tutto Federica, anche a fare da cavia per costosissime cure sperimentali. E per far capire quanto fosse determinata, creò un blog dal titolo eloquente: «Tanto vinco io». In un attimo la sua storia fece il giro dei social network e divenne un caso mediatico. Tanti hanno fatto la fila per intervistarla, c'è chi le ha dato dei premi, chi l'ha paragonata addirittura a una indomabile Giovanna d'Arco dell'era di internet.
A lei però non è mai sfuggito quale fosse il reale obiettivo. E se anche per un attimo l'avesse perso di vista, c'era sempre lui, il tumore, a ricordarglielo. Dolori lancinanti, interventi chirurgici demolitivi, sfibranti cicli di chemioterapia. Il suo scopo era dare un messaggio prima a se stessa che agli altri: mai arrendersi anche quando tutto sembra perduto, mai mollare se dentro di te c'è ancora un granello di vita. Viene voglia di piangere leggendo i suoi ultimi post su Facebook, ormai l'unico contatto con le migliaia di persone che si erano innamorate della piccola guerriera sarda in lotta contro il male per definizione. «Due anni e mezzo con il mal di pancia. No, non è umano» . E ancora: «In qualche remotissimo angolo di mondo ci sarà un po' di felicitá anche per me» .
Poi però rileggi l'intervista rilasciata lo scorso dicembre a Francesco Abate sull'Unione Sarda e capisci che non è stato tutto inutile. «La mia forza - diceva - è stata nel chiedere aiuto e dire alle persone guardate che forse c'è una speranza anche nella situazione più drammatica. Condividendo energie, conoscenza, un messaggio su facebook di affetto, di amicizia forse riusciamo a cambiare questo cinismo. Un'amica mi ha detto: grazie perché in un'epoca in cui non crediamo più in niente tu credi».
È vero, Federica. Alla fine hai vinto tu. Anche se ci mancherai tantissimo.
Massimo Ledda

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