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L'unione sarda. Gli agnelli nasceranno morti

I numeri dell'epidemia nell'Isola: 2464 focolai, 5349 animali morti Oristano e Nuoro le province più colpite dal morbo, il grido di dolore dei pastori

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Nel grembo delle madri gli agnelli sono già morti. Sono il simbolo del comparto ovino al tracollo. La blue tongue versione 2013 rischia di dare il colpo di grazia al ventre dell'industria isolana. In pochi mesi ha ucciso 5349 capi di bestiame, sono stati accertati 2464 focolai in 15 mila aziende che allevano complessivamente 3,3 milioni di capi. Le cifre parlano di un tasso di mortalità pari allo 0,7 per cento. Effetti negativi moltiplicati dalla capillare diffusione del morbo a dispetto dei piccoli numeri rispetto al 2012, quando l'epidemia uccise 10 mila capi in 600 aziende.
Gran parte delle pecore ammalate non muoiono, ma è come se fossero già morte, debilitate dalla febbre non valgono più nulla. A questo si aggiunge il blocco delle attività delle aziende, anche quelle in cui è stato accertato anche un solo caso, i costi aggiuntivi per il mantenimento del bestiame e il mancato guadagno. La somma equivale a un disastro.
LA MAPPA La distribuzione dei focolai sulla mappa dell'isola descrive una marcia inarrestabile: 682 focolai in provincia di Nuoro con 1399 capi morti, 645 a Oristano (363), 403 nell'area di Sassari (1481), 110 in Ogliastra (148 bestie morte), 160 in Gallura (497). Situazione gravissima nel Sulcis, dove è partita la seconda ondata dell'epidemia senza che i pastori abbiano ricevuto gli indennizzi per lo scorso anno. La Asl di Sanluri ha censito 1481 animali morti in 212 allevamenti, con notizie sconfortanti da Guspini (26 focolai) Gonnosfanadiga, (51) e Villacidro (30).
REGOLE E CONSEGUENZE L'epidemia, al quinto ciclo in Sardegna, dopo le annate 2000, 2001, 2003 e 2011, è regolata da norme precise e leggi severe: impossibile spostare le pecore e vendere la carne, obbligatorio vaccinare anche le bestie sane, con il rischio che si ammalino e perdano gli agnellini se gravide. I conti i pastori li hanno già fatti e nell'esperienza leggono i segni di un disastro annunciato. Sanno che non bastano i 100 euro a capo per disinfettare un'annata maledetta. Le pecore colpite dal morbo sono scheletri stremati dalla febbre, ridotti pelle e ossa, carne buona solo per le fosse piene di calce.
PARERI DIVERSI Dall'Istituto zooprofilattico di Sassari snocciolano i numeri dei controlli eseguiti, 37 mila analisi, quasi il doppio del 2011. Un piano straordinario da 300 mila euro che sembra solo in grado di limitare i danni.
In Ogliastra, al servizio veterinario della Asl temevano una morìa di proporzioni bibliche. «Pensavamo che si potesse arrivare a 400 focolai - spiega Dino Garau - invece il numero delle bestie malate è drasticamente calato, segno che il vaccino sta avendo gli effetti sperati».
Nei municipi non regna la stessa serenità. Da Oliena partono strali contro le politiche adottate dalla Regione: «Siamo oltre l'emergenza perché la situazione è completamente fuori controllo - dice Valentino Carta, assessore all'agricoltura e all'allevamento - mai come quest'anno le risposte per far fronte all'epidemia della lingua blu sono state inefficaci e in ritardo».
Antioco Sogus, di Gonnosfanadiga, veste il doppio ruolo di assessore all'agricoltura e allevatore danneggiato. «Viviamo una situazione drammatica. Al di là dei capi morti ci saranno conseguenze devastanti a lungo termine».
Nei giorni scorsi il sindaco di Tertenia Luciano Loddo aveva chiesto alla Regione di rivedere il calcolo degli indennizzi alla luce del mancato guadagno. Il sindaco di Sedilo Umberto Cocco ha invece dovuto prelevare 4000 mila euro dal fondo di riserva per realizzare una fossa (la quarta) dove seppellire le bestie morte. Nei 160 ovili del paese sono morti quasi 400 animali. L'emergenza è conclamata a Sassari e dintorni, con un terzo degli allevamenti colpiti e l'impegno in prima fila dell'amministrazione. Il grido di dolore dei pastori non conosce sfumature linguistiche. Si diffonde tra i pascoli senza confini.
REBUS VACCINI Perché la campagna di vaccinazione è iniziata a luglio? È questo il dilemma che tormenta gli allevatori. Mario Meloni è il presidente della cooperativa Sant'Antonio: «È stato un grosso errore. Gli effetti collaterali sono importanti, gli animali non riescono a recuperare peso dopo la malattia. Dopo quindici giorni possiamo osservare come questo non succeda». Meloni ha vissuto tutta l'epopea della blue tongue. «La prima volta abbiamo perso 45 pecore, l'anno dopo 96, il terzo anno hanno vaccinato la rimonta per il ceppo 9. Dopo si è scoperto che non era quello esatto». La prossima settimana arriveranno negli ovili altre 900 mila dosi di vaccino. È del tipo “spento” e agisce contro i sierotipi BTV1 E BTV8.
PICCOLI NEMICI Per semplicità si potrebbe scaricare ogni responsabilità sul veicolo del morbo. Il carnefice è un piccolo insetto, la culicoides imicola . Dal tramonto all'alba consuma la sua brevissima stagione vitale distribuendo la peste in tutta l'Isola. Vive nelle pozze d'acque e negli stagni. Con i temporali di questi giorni l'emergenza è servita.
Simone Loi

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