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L'unione sarda. Nivola: «Svegliatevi sardi» L'amara profezia dell'artista

Un libro di AM&D con l'inedita intervista di Mario Faticoni fatta a New York nel 1978

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In Sardegna oggi è accesissimo il dibattito sull'identità. Esattamente come trentacinque anni fa quando un giornalista cagliaritano in viaggio a New York intervistò su questo argomento un emigrato illustre: Costantino Nivola. «Si vuole definire l'identità? Bene, ma ci vuole molto coraggio, coraggio di autoesaminarsi», rispose il grande artista di Orani: «Io voglio incoraggiare l'autocritica, mi sembra democratico farlo. E ce n'è da fare. Lo sa che tremila sardi si sono offerti di fucilare l'anarchico Schirru? E che la Sardegna è l'unico posto dove i nazisti occupanti non hanno avuto resistenza? Fiori, folle e saluti alla loro partenza». E qual è il rapporto tra i sardi e la Sardegna?, lo incalzò il giornalista: «Non è amata dai sardi», replicò secco Nivola: «Conosco Michele Columbu. Quando gli dicevo: sono nato e le prime nozioni erano che tutto apparteneva ad altri, muri, muretti… si guardava oltre i muretti l'orto degli altri. Vorrei comprare un pezzo di terra che fosse mia, dicevo a Columbu. È tutta tua, mi rispondeva, sei l'unico che la vede. Già: il primato della forma, quello che vedo è mio».
L'intervista fu fatta il 24 agosto del 1978 nella residenza americana di Costantino Nivola, a Long Island. L'autore era l'allora quarantenne Mario Faticoni, giornalista di Tuttoquotidiano, attore e regista teatrale. Il giornale, nato quattro anni prima con un iniziale successo per fare concorrenza su Cagliari allo storico L'Unione Sarda, aveva già concluso la sua parabola ed era ormai agonizzante. I giornalisti lo tenevano in vita con una cooperativa e di lì a poco ciascuno avrebbe preso strade diverse. Così Faticoni, che si sarebbe dedicato anima e corpo all'insegnamento e al teatro. Ma quell'estate aveva deciso di regalarsi un viaggio nella New York dei suoi miti e delle sue passioni giovanili. La visita a Nivola fu una tappa obbligata: un solo, intenso giorno, che andò a riempiere pagine di block notes e un album di foto. Ma l'articolo con l'intervista, fallito Tuttoquotidiano, finì dimenticato nel cassetto.
«Oltre l'emozionante incontro con Nivola, fu un viaggio molto intenso in cui ebbi modo di vedere spettacoli eccezionali, di fare conferenze all'Italian Cultural Institute», racconta Faticoni: «E poi la visita a Long Island. Parlammo di tutto, Sardegna, arte, bilinguismo, politica. Costantino si aprì generosamente. Per questo, grazie all'interessamento degli editori di AM&D, ho deciso di pubblicare a distanza di tanto tempo quell'intervista. Tante cose di allora sono così attuali e vive, come emerge la grandezza di uno spirito libero e critico, soprattutto nei confronti della sua terra, della Sardegna che amava».
Mario Faticoni arriva a Springs, East Hampton, nella vecchia casa colonica che l'artista aveva acquistato una trentina d'anni prima appena sbarcato negli Stati Uniti in fuga dall'Italia con la moglie Ruth ebrea, per sfuggire alle persecuzioni razziali. «Un grandissimo giardino folto di vegetazione», scrive nel volumetto: «Che non sia un giardino qualunque si mostra subito: tutt'intorno, inserite tra gli alberi, sculture e pareti artistiche riccamente affrescate da amici artisti, fra cui Le Corbusier. Una scultura a grandezza naturale ritrae la moglie Ruth… Si vedono e si indovinano i segni, oltre che della villa-atelier, di una casa accesamente conviviale, vissuta da fervidi sodalizi artistici e umani. Nivola mi si fa incontro affabile, infatti. Ricevere persone fa parte del ritmo della sua giornata».
L'incontro si apre all'insegna del teatro, di ricordi comuni: le rappresentazioni di "Quelli delle labbra bianche" di Ciccito Masala e di "Su Connottu" tra il 1972 e il 1975 nella nuorese piazza Satta, appena ristrutturata e impreziosita con le statuette di Nivola. «La piazza era gremita per le recite, gli ricordo. Parliamo del rapporto tra quella piazza e la storia del teatro sardo. Gli occhi gli s'illuminano e si fa trasportare dalle mie parole nel sole e nell'incanto della sua creatura». E poi i ricordi comuni dell'incontro, nel gennaio del 1976, a San Sperate e della giornata di riflessione sul lavoro di "Paese Museo" con Lilliu, Naitza, Milesi, Foiso Fois e Pinuccio Sciola. Il dialogo - così come viene riportato nel volume "Svegliatevi sardi!" uscito di recente (76 pagine, 8 euro) - si svolge mentre Nivola agile e svelto comincia a trafficare con la cucina e si mette a cucinare per l'ospite una caratteristica minestra di formaggio conosciuta solo a casa di un medico di Tuili. L'intervista procede a 360 gradi, inedita testimonianza di un personaggio ormai di fama mondiale con le sue opere sparse qua e là nei musei.
Nivola e la sua Sardegna, ecco come l'artista vede i sardi da lontano: «Volersi misurare col continente è la prova del senso di inferiorità dei sardi. Mi diverto a polemizzare: la Sardegna è infatuata di cose che vengono dalla civiltà esterna, come un paese del terzo mondo». L'Italia, invece, cosa rappresenta per gli americani? «Un paese grazioso con dei problemi che gli italiani non cercano nemmeno di capire, un paese non serio. Un primo ministro tedesco mi ha detto: semplicemente la politica italiana non la capisco». Sembra un'intervista di oggi. Cosa avrebbe risposto Nivola (scomparso nel 1988) nel vedere l'Italia di Berlusconi e della crisi? «C'è un atteggiamento affettuoso verso di noi, un luogo dove si va per le vacanze, il clima, le città e dove non si vive per capire. È tutto così complicato».
Carlo Figari

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