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L'unione sarda. «A questo Pd mancano idee forti»

Barca: non si vince col moderatismo. Ma c'è voglia di ripartire

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Non sarà l'anti-Renzi. Ma Fabrizio Barca avrà comunque un peso rilevante nel congresso del Pd. L'ex ministro, da ieri in Sardegna, sta affinando in giro per l'Italia un'idea di partito al tempo stesso innovativa (come sul finanziamento pubblico) e legata a un ruolo storicamente forte: contro ogni ipotesi «liquida». La forza però, avverte Barca, è quella delle idee, e al Pd manca un'idea chiara per il Paese. Anche per questo lui si è messo in viaggio per l'Italia: «Sostenendo che l'unico metodo per governare è il confronto - spiega - devo metterlo in pratica. Sto imparando molto».
Come ha trovato il popolo del Pd? Avvilito?
«Ha molta voglia di superare l'avvilimento e pochissima di piangere. Direi che vorrebbe menar le mani, nel senso di fare qualcosa di concreto».
Credono ancora nel Pd?
«Altroché. C'è molta discussione sul sentimento di identità, su come dev'essere un moderno partito di sinistra».
E come dovrebbe essere?
«L'esempio dei Democratici americani dimostra che vinci se hai idee forti. Non è vero che vince il moderatismo».
Si dice sempre il contrario.
«Non è così, in nessun Paese. È vero che devi essere concreto, dare un'immagine precisa».
È questo che è mancato nella campagna elettorale del Pd?
«Sì, e non per errori di comunicazione da imputare solo al leader. Temo che non ci fosse proprio questa visione chiara del Paese».
Il dibattito congressuale non sta colmando quelle lacune.
«In effetti domina la riflessione sui nomi e sull'effetto che faranno le cose che si dicono. Da qualche giorno si parla un po' di più di cose da fare, ma con un salto logico: se passi dalla lite A contro B al dibattito su come coprire il cuneo fiscale, mi vuoi dire nel mezzo che idea di sviluppo hai? Questo manca. Sa qual è l'unico lato negativo del mio viaggio per l'Italia?»
No, quale?
«Che non sono stato attaccato abbastanza».
In che senso?
«Io sostengo il ruolo dei partiti, e nego che il problema sia un deficit di potere dei governi. Cose non ovvie: ma alla classe dirigente e intellettuale non interessano più simili dibattiti. Solo Michele Salvati ha scritto, con garbo, perché non era d'accordo con me: viva Salvati».
Spera che Letta duri?
«Spero che non pesi sul Paese la vicenda di un singolo, per quanto importante come Berlusconi. Nessuno auspica il voto con questa legge elettorale: il governo dovrebbe durare almeno fino a quella riforma».
Lei fu descritto come l'anti-Renzi, ma a Cagliari accetterà l'invito di un'associazione renziana. Un segnale?
«Non sono contro nessuno, sono a favore di chi prende impegni chiari. Ascolto tutti e vado dove trovo iniziative stimolanti: quella di Cagliari lo è».
Ma ancora non dice chi sosterrà al congresso nazionale.
«Nel mio viaggio chiedo impegni concreti ai candidati. Per esempio, che per statuto nessuno del Pd assuma incarichi di enti pubblici se non con procedure concorrenziali. Sono qui che aspetto le risposte».
Da ministro ha collaborato con la Giunta Cappellacci sui fondi Ue. Che idea si è fatto dell'amministrazione regionale?
«È stata una collaborazione leale e fruttuosa. Anche per lo sblocco della Sassari-Olbia, che è forse il risultato più importante, e per il piano Sulcis».
Cappellacci ha anche rilanciato la zona franca, condivide?
«Non sono un grande tifoso della zona franca. Vedo altre vie per ridurre il costo dei capitali in aree svantaggiate. Se poi con la zona franca si evoca il grande tema dell'insularità, è un altro discorso e va approfondito».
Giuseppe Meloni

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