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L'unione sarda. Camorristi, mafiosi, 'ndranghetisti, ecco chi sono i boss reclusi a Nuchis

Ma gli agenti penitenziari invitano alla cautela: «No all'allarmismo»

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Non c'è solo 'u canazzu (l'ergastolano Placido Tomasello, boss dell'omomino clan di Biancavilla) tra i 24 mafiosi che da qualche giorno occupano il nuovo carcere di Nuchis.
A scorrere il curriculum criminale dei malavitosi si scopre che nella struttura tempiese è recluso un campionario ampiamente rappresentativo di tutte le mafie che albergano in Sicilia, Calabria, Puglia e Campania. Esponenti di spicco di numerosi clan, la cui presenza alimenta le preoccupazioni sulle possibili infiltrazioni delle loro famiglie sul territorio. Perché è plausibile, come dichiara il presidente della commissione Antimafia Beppe Pisanu, che le mafie investano nelle regioni ricche ma è anche vero, come sostengono i parlamentari del Pdl Mauro Pili e Fedele Sanciu e la consigliera regionale di Sardigna libera Claudia Zuncheddu che «nel Sulcis, in passato, è accaduto».
I BOSS RECLUSI Ecco perché - per fare alcuni esempi - è considerata potenzialmente pericolosa la presenza di Vittorio Zito, luogotenente del numero uno della Sacra corona unita brindisina Giuseppe Leo, condannato per l'omicidio di Eugenio Carbone, ucciso il 14 settembre del 2000 nell'ambito di un regolamento di conti.
Ecco perché suscita preoccupazioni il nome di Salvatore Romagnolo, vicino al leader storico e fondatore del clan di Giuseppe Misso detto 'o nasone , protagonista di una sanguinosa faida nel rione Sanità, a Napoli. Ecco perché il nome di Giuseppe Pagano, camorrista pentito, vicino al super boss Francesco “Sandokan” Schiavone e autore dell'efferato omicidio di un rivale, Saverio Ianniello, fa riflettere. Come fanno riflettere la presenza a Tempio di Ercole Modica, condannato per omicidio e associazione mafiosa, di Paolo Lo Deserto, che fece parte di un commando di fuoco che nel 2002 uccise il gommista Mario Caroppo, di Giuseppe Ciampà, che il 22 marzo 2004 assassinò Salvatore Blasco tre giorni dopo la scarcerazione di quest'ultimo. Tutti fanno parte di un clan, tutti hanno commesso delitti di mafia, hanno consumato faide. Non a caso la notizia del loro trasferimento e i loro nomi sarebbero dovuti rimanere top secret.
LE CRITICHE Per questo la segreteria regionale della Cisl sicurezza critica il deputato del Pdl Mauro Pili, che nei giorni scorsi ha rivelato il «blitz segreto». «Può fare tutte le interrogazioni che vuole ma non faccia terrorismo psicologico e non metta in difficoltà il nostro lavoro». Secondo il sindacato «la pubblicazione di notizie riservate come l'arrivo di detenuti, la loro provenienza e persino i nomi e i reati per i quali sono in stato di detenzione» crea un pericolo per gli agenti. La Cisl arriva persino a chiedere «un intervento della magistratura per verificare che non vi sia stata una violazione del segreto d'ufficio». A giudizio dei rappresentanti degli agenti penitenziari, il pericolo infiltrazioni non esiste. E pongono due quesiti: «Quando all'Asinara erano custoditi i detenuti a regime 41 bis, il nord Sardegna ha forse avuto infiltrazioni di stampo mafioso, camorristico o di criminalità organizzata? Porto Torres o i comuni limitrofi sono forse diventati terreni fertili per mafiosi, camorristi o criminalità organizzata? La risposta è no». (f.ma.)

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