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L'unione sarda. Serracchiani: «Serve una donna per far risorgere la Sardegna»

La presidente del Friuli Venezia Giulia con Francesca Barracciu

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«Fidatevi di me, che me ne intendo: è il momento che sia una donna a guidare la Sardegna». Debora Serracchiani se ne intende perché il 22 aprile scorso, quando il suo partito, il Pd, era in preda al panico per la “non vittoria” alle elezioni politiche di febbraio e il siluramento in rapida successione di Marini e Prodi nella corsa al Quirinale, trovava il tempo di vincere le elezioni regionali del Friuli Venezia Giulia e installarsi nel palazzo ex Lloyd Triestino, in una “camera con vista” su Piazza Unità d'Italia, a Trieste, una delle più belle del nostro Paese.
Serracchiani, volto nuovo del Pd, avvocato, di origine romane ma residente a Udine da molto tempo, ieri era in Sardegna, a Santa Maria Navarrese, per sostenere la candidatura di Francesca Barracciu nella corsa alle primarie del centrosinistra per designare il candidato governatore. «Francesca è la persona giusta, e non lo dico per solidarietà femminile. Ne conosco bene le capacità e lo spessore politico avendola conosciuta al Parlamento europeo. Quindi, i sardi possono fidarsi di lei».
Un sostegno per una sfida difficile. Non sono molte le donne presidente di Regione.
«Al momento due, io e Catiuscia Marini in Umbria. Spero che presto con Francesca Barracciu diventino tre».
Nel caso, si troverebbe di fronte un'Isola in grande difficoltà.
«Lo immagino, ma non sono tempi facili per nessuno. Da noi in Friuli Venezia Giulia ci sono Comuni che non riescono a pagare i lavori fatti e men che meno a programmarne di nuovi».
Come si esce da questa situazione?
«Il patto di stabilità va rivisto al più presto perché è la palla al piede delle amministrazioni locali. Lo si potrebbe cancellare per i piani straordinari, come quello per il riassetto idrogeologico, che riguarda anche la Sardegna, o quello per l'edilizia scolastica. Ciò darebbe un po' di respiro all'economia».
Lei si definisce “Semplicemente democratica”. Perché?
«Penso che il grande progetto del Pd fosse quello di creare un partito nuovo, aperto, che non fosse solo una fucina di ex. Democratico, appunto. E poi perché i politici devono imparare a parlare semplicemente e assumere un atteggiamento sobrio. Semplice».
Fa strano sentirlo dire da un'esponente di un Pd che si sta attorcigliando da mesi in discussioni su come e quando celebrare il congresso. Non trova?
«Infatti è ora di finirla con tutte queste chiacchiere. Si proceda secondo le regole e basta con le divisioni che provocano fibrillazioni nel Governo e all'interno del partito».
Ma così Renzi vince a mani basse...
«E sia. Matteo rappresenta la novità, la voglia di cambiamento. Certo, poi, a tutto questo va aggiunta la sostanza».
Il governo delle larghe intese le ha fatto venire l'allergia?
«All'inizio sì, perché è nato dopo che Marini e Prodi sono stati impallinati. Poi, ho capito che era un atto dovuto. Presto torneremo alla normalità».
A patto di cambiare la legge elettorale perché con il Porcellum la normalità è una chimera. A proposito, sa che in Sardegna la doppia preferenza di genere è stata bocciata due volte?
«E hanno sbagliato. Noi l'introdurremo alle prossime elezioni amministrative in primavera e poi faremo altrettanto con la legge elettorale regionale. Fa parte del mio programma».
Le donne migliorano la politica?
«Ne sono convinta. Iniziamo a aumentarne il numero e con la doppia preferenza questo è possibile. Bisogna aprire le porte della politica alle donne, sarebbe un arricchimento».
La Sardegna, come il Friuli Venezia Giulia, è terra di confine. Solo un po' più depressa.
«Ne sono consapevole ma risorgere si può. La Sardegna inizi a eleggere una presidente brava come Francesca e poi vedrete che le cose cambieranno».
Ivan Paone

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