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L'unione sarda. Un omicidio su commissione?

Svolta a sorpresa nelle indagini sul caso di Dina Dore

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Uccisa. Assassinata con premeditazione in modo orribile con lo scopo preciso di simulare un tentativo di sequestro di persona. Per depistare.
Prende corpo un'ipotesi investigativa inizialmente poco gettonata che, quattro anni dopo, si accompagna a una nuova ricostruzione dei fatti: i killer di Dina Dore, due, forse tre, l'hanno aspettata dentro casa. E siccome sulla porta d'ingresso, così come nella serranda del garage, non c'erano segni di effrazione, si può perfino pensare che il commando fosse in possesso delle chiavi.
È questa la nuova prospettiva sull'agguato costato la vita alla giovane casalinga di Gavoi. Negli ultimi mesi le indagini sembravano segnare il passo quando, a sorpresa, la scorsa settimana, un corteo di auto ha interrotto la quiete apparente di Gavoi: il procuratore di Cagliari Mauro Mura e il sostituto Danilo Tronci, insieme al commissario di Nuoro Fabrizio Mustaro e a un folto gruppo di poliziotti, sono tornati sul luogo del delitto. E per il paese non ci sono stati più dubbi: l'indagine ha subìto un'improvvisa accelerazione.
I TESTIMONI Magistrati e poliziotti hanno effettuato un sopralluogo in via Sant'Antioco prima di avviare una lunga serie di interrogatori fino a notte fonda. Impossibile sapere qualcosa in più su un'operazione circondata dal massimo riserbo. Si può soltanto ipotizzare che i magistrati abbiano voluto risentire i parenti e i vicini di casa per capire se davvero nessuno ha visto o sentito nulla di quel che accadeva alle 18 del 26 marzo 2008 dentro il garage dove Dina Dore era appena rientrata con la figlia Elisabetta di otto mesi.
Gli interrogativi restano tanti. Anzi: si moltiplicano con le nuove ipotesi investigative. In un primo momento si era pensato che Dina Dore fosse stata assassinata durante un tentativo di sequestro di persona. Erano state le modalità dell'uccisione a portare gli investigatori su quella pista: tramortita con un corpo contundente alla testa, incerottata con scotch per pacchi dal mento fino alla fronte, legata mani e piedi, la casalinga di 37 anni era morta per asfissia in cinque minuti. Soltanto dopo era stata sistemata nel bagagliaio dell'auto che la vittima aveva appena parcheggiato nel garage, collegato attraverso una porta interna alla sua abitazione. Il corpo era stato ritrovato molte ore dopo l'allarme lanciato dal marito, Francesco Rocca, un dentista con studio a Nuoro: rientrato a casa intorno alle nove di sera aveva trovato la piccola Elisabetta sul pavimento vicino all'auto della moglie, la serranda del garage semischiusa. Ecco perché tutti avevano creduto che Dina Dore fosse stata rapita, ecco perché nessuno aveva pensato di aprire il bagagliaio: lo aveva fatto la polizia scientifica, nel cuore della notte.
LA LOTTA Quel corpo legato dalla testa ai piedi come una mummia aveva fatto spazio all'ipotesi di un tentativo di rapimento finito nel peggiore dei modi a causa della reazione della vittima: sul pavimento del garage, c'erano i segni di una colluttazione e sulla fronte della donna le tracce di un violento colpo sferrato, forse, con una roncola. Quattro anni di indagini in quella direzione non hanno portato a nulla nonostante il dna isolato sullo scotch: le comparazioni, centinaia, fin qui effettuate hanno dato esito negativo. Intanto la sorella di Dina, Graziella, anche attraverso tv e giornali, ha sempre contestato l'idea del sequestro a favore del delitto. Ma chi poteva volere la morte di una donna tutta casa e famiglia?
LE CHIAVI I dubbi di Graziella Dore col tempo hanno fatto breccia tra gli inquirenti, soprattutto dopo la rilettura di alcuni elementi-chiave. Innanzitutto: i killer non sono arrivati né sono andati via in macchina perché nessuno ha visto auto sospette arrivare né andar via. E poi: lo stato dei luoghi non consentiva un appostamento lontano da sguardi e orecchie indiscrete. A quel punto è stata abbandonata pure l'idea dei killer in attesa di Dina Dore sotto casa. Quattro anni dopo, gli inquirenti ipotizzano che i banditi fossero già dentro. Se questo fosse vero significa che erano in possesso delle chiavi, dal momento che la porta d'ingresso non è stata forzata. Dove le hanno prese? Sembra che in passato i doppioni fossero stati consegnati ad alcune persone che dovevano effettuare alcuni lavoretti in casa ma è un mistero su come siano poi finite nelle mani degli assassini. Che, a questo punto, avrebbero agito su commissione. E allora: chi e perché aveva interesse a uccidere Dina Dore?
M. Francesca Chiappe

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