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la nuova sardegna. Alle urne nell’isola: «Così si riavvicina la gente alla politica»

Il segretario del Pd Silvio Lai ad Alghero e l’ex governatore Renato Soru a Oristano impegnati per sostenere Bersani

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di Andrea Massidda e Giampaolo Meloni

ALGHERO «Le primarie del centrosinistra saranno una grande festa democratica e stimiamo che a votare andranno oltre 80mila sardi». Parole del segretario regionale del Partito democratico Silvio Lai, che per la chiusura della campagna elettorale è intervenuto ad Alghero a un incontro pubblico dove alcuni esponenti del Pd (dal vicepresidente del consiglio regionale Mario Bruno al segretario per la provincia di Sassari Giuseppe Lorenzoni, passando per l’assessore provinciale alla Programmazione Enrico Daga) hanno espresso le ragioni per le quali daranno il loro voto a Pier Luigi Bersani. Tuttavia nella cittadina catalana non mancano i sostenitori di Matteo Renzi (per esempio il sindaco Stefano Lubrano) e di Nichi Vendola (da Sel ai Pdci). Silvio Lai - che si proclama un convinto bersaniano - ha spiegato che al di là dell’esito del voto queste primarie hanno già raggiunto l’importante scopo di colmare il divario tra la politica e la gente. «Un gap - ha chiarito - accresciuto sempre più dopo il crepuscolo dell’era berlusconiana, contornata da scandali e da una deriva economica senza precedenti. Ora però - ha aggiunto il segretario del Pd sardo - i cittadini si riapproprieranno della partecipazione scegliendo il candidato premier del centrosinistra e di dare forza alla politica contro il potere della finanza». L'organizzazione delle primarie è imponente. Solo in Sardegna i seggi e gli uffici saranno 400, mentre i volontari coinvolti sono 2.500. Segnali positivi per la salute della democrazia, secondo il segretario del Pd. «Dalle urne - ha concluso Lai - ci aspettiamo un risultato in grado di determinare una leadership con la quale poter uscire dalle secche della crisi. È importante per il Paese, e ancor più per l’isola, che ha bisogno di una programmazione di sviluppo e infrastrutture di lungo periodo, ma anche di una seria interlocuzione politica: non bastano gli investimenti, per quanto ingenti, di alcuni privati per far ripartire l’economia, né iniziative-spot territoriali nelle aree di crisi. Serve credibilità». Anche per fare fronte al «minimo storico» nel quale il governo del centrodestra ha trascinato la Sardegna, le «primarie rappresentano uno strumento per spiegare che il Pd è un presidio della democrazia che ci permette di recuperare fiducia nella politica e ci consente di rovesciare l’idea che tutto sia da buttare via, da spazzare, da cancellare». Renato Soru a Oristano ha chiuso la campagna a sostegno di Bersani. Una serata organizzata dal Comitato donne Movimento per Bersani, presenti il deputato Caterina Pes, il consigliere regionale Antonio Solinas e il presidente del Forum giustizia del Pd Andrea Orlando. Sul segretario del partito, l’ex governatore della Sardegna ha dato valutazioni di piena «convinzione» sia sul profilo di leadership e sia per le competenze: «È stato un ottimo ministro dell’Industria e dello Sviluppo economico e ha cominciato bene il percorso verso un nuovo futuro». Ma l’importanza del confronto, ha osservato Soru, «mostra che c’è un pezzo della società che non si è arresa all’idea che la politica sia una cosa sporca, che chiunque se ne sia occupato debba essere messo da parte e che ciò si possa perseguire anche con la violenza». Questo per Soru è il guado pericoloso che la società non deve attraversare: «Quando si cerca di far passare l’idea che nessuno più è degno di fare politica, allora si aprono le porte a nuove avventure, si cede il passo a chi crede che in Italia sia facile fare bottino e niente altro». Di fronte a questa deriva «il Pd è un presidio contro l’accaparramento». E le primarie sono lo strumento per affermare questa certezza «e per ricostruire il Paese. Con le proprie forze – ha sferzato Soru in conclusione – con riferimento esplicito a Ugo Cappellacci che parla dell’emiro non come un eventuale investitore ma come alleato. Che equivale a mettersi nelle loro mani».

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