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L'unione sarda. «Senza liste pulite io non ci sto»

Alfano sbarca a Cagliari e lancia la questione morale

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di Anthony Muroni
Il segretario del Pdl Angelino Alfano, dopo le polemiche che si sono rincorse per tutta la giornata di ieri a proposito delle sue dichiarazioni contro l'inammissibilità di indagati alle primarie del partito («In quel caso non ci sarei io, ma naturalmente non parlo di Berlusconi, che è un perseguitato»), lancerà oggi da Cagliari la sua campagna improntata sulla questione morale. Appuntamento alla Fiera per la manifestazione “Un nuovo modello di sviluppo: sardi in testa”, voluta dai deputati Salvatore Cicu e Piero Testoni, oltre che dal presidente della Regione Ugo Cappellacci.
C'è finalmente una data definitiva per le vostre primarie. Si può dire che Alfano ha vinto la sua prima sfida?
«Le primarie sono una vittoria del Pdl che per la prima volta si dota di uno strumento democratico che ho fortemente voluto, si tratta di una scelta che farà rinascere un centrodestra italiano moderno e vincente. Le primarie aprono una fase nuova, per questo devono essere pulite e quindi lo dico con grande chiarezza: se ci saranno indagati candidati a queste primarie, io non mi candiderò».
Ma è vero che Berlusconi sta ancora cercando di dissuaderla, parlando di «bacio della morte» e addirittura di suicidio politico?
«Celebriamo le primarie il 16 dicembre, esattamente come avevamo detto. Le ha proposte lo stesso Berlusconi nell'ufficio di presidenza di giugno e le ha ribadite il 24 ottobre. Con lui non c'é alcuna contrapposizione, tanto che ieri ha firmato la nomina dei membri della Commissione di garanzia».
Lei esclude che il Cav possa tirare fuori dal cilindro una lista tutta sua?
«Credo che il progetto del Pdl meriti ancora fiducia e, inoltre, uniti si è più forti».
Quale sarà il suo messaggio, prima interno nella sfida per la candidatura, e poi verso tutto l'elettorato, in vista delle elezioni di marzo?
«È necessario fare ripartire il centrodestra. Il mio sarà un programma incentrato sulla crescita. La questione fiscale è prioritaria e su questo si confronteranno due visioni contrapposte: quella della sinistra, che è la solita politica del tassa e spendi, e la nostra che dice meno sprechi, meno debito e - all'orizzonte - meno tasse. La nostra ricetta economica prevede di mantenere la schiena dritta in Europa e di lasciare qualche euro in tasca in più agli italiani. Siamo consapevoli che di troppa austerità si muore e pensiamo che occorra rilanciare la crescita economica con investimenti per lo sviluppo. Adesso basta tasse: abbiamo uno Stato che costa 800 miliardi di euro: a dimagrire non possono più essere i cittadini e le imprese».
Non c'è nessuna possibilità di riunire il fronte moderato, magari nel nome di Monti, recuperando il rapporto con Casini e Fini e costruendone uno tutto nuovo con Montezemolo?
«Le regole per fare vincere la sinistra sono due: votare un candidato di sinistra e dividere i moderati. Per evitare che ciò accada occorre unificare l'area alternativa alla sinistra e parlare a quella parte di elettorato deluso che a oggi, com'è rilevato dai sondaggi, preferisce l'astensione al voto. Il nostro è un elettorato recuperabile perché non è confluito in altri partiti, ma si è rifugiato appunto nell'astensionismo. Inoltre, è inutile che altri si illudano: senza il Pdl vince la sinistra».
Con la Lega è tutto finito?
«Non ho mai considerato interrotto il dialogo con la Lega, tuttavia il Pdl tratterà il tema delle alleanze solo dopo le primarie. Da qui ad allora dobbiamo solo rafforzarci, anche per una considerazione abbastanza concreta: se il Pdl non tornerà forte, nessuno vorrà allearsi con noi, se il Pdl tornerà forte, allora, le alleanze si determineranno anche in ragione della nostra forza».
Torniamo alle primarie. Quanti saranno i suoi avversari? Quanti, cioè, supereranno secondo lei lo scoglio della raccolta delle firme?
«Aspetto domani, saranno i numeri a parlare. Le candidature giuste saranno quelle che sapranno raccogliere le firme. Sarà una gara sulle idee e non una fiera delle vanità».
Qual è il suo rapporto con il partito in Sardegna e cosa pensa delle divisioni che lo attanagliano?
«In Sardegna ci sono uomini e donne impegnati nelle istituzioni e all'interno del partito, una risorsa straordinaria. Sicuramente il mio compito è quello di trasferire un messaggio di unità per raggiungere l'obiettivo di recuperare credibilità a tutti i livelli. Non entro nel merito delle divisioni, ma so per certo che ci sono potenzialità per far emergere una linfa nuova e vitale».
Cappellacci ha aperto conflitti prima col governo Berlusconi e ora con Monti, ritenendo che la specialità della Sardegna sia stata più volte violata. Lei da che parte sta?
«Da quella di chi svolge un ruolo importante nell'interesse della comunità che rappresenta. Cappellacci ha il dovere e il diritto di farsi interprete degli interessi della Sardegna».

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