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La nuova sardegna. Oggi in piazza per il lavoro e lo sviluppo

Attesi a Cagliari ventimila manifestanti da tutta l’isola. Con i sindacati Cgil-Cisl-Uil si mobilitano anche la Chiesa e i sindaci

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di Alfredo Franchini

CAGLIARI Una sfida per continuare a vivere. I sardi ritornano in piazza, stavolta non con uno sciopero ma con una “manifestazione di popolo”. Non si poteva chiedere ai lavoratori di scioperare, né alle fabbriche sopravvissute di rinunciare a una giornata di lavoro in un periodo tempestoso come questo: Cgil-Cisl e Uil hanno optato per una “dimostrazione pubblica” condivisa dai sindaci, dai non garantiti, dai giovani che vorrebbero non far parte della “strage degli innocenti” di quel meccanismo che ha tolto ai ragazzi la speranza di un lavoro e quindi di una vita autonoma. La risposta che la Sardegna ha dato ai segretari del sindacato Enzo Costa (Cgil), Mario Medde (Cisl) e Francesca Ticca (Uil), si può riassumere, per ora, in alcuni numeri: stamani arriveranno a Cagliari da tutta la Sardegna più di cento pullman e centinaia di auto; la previsione è che partecipino alla manifestazione ventimila persone. Il corteo si snoderà da Piazza Giovanni al Largo Carlo Felice dove a mezzogiorno ci saranno le conclusioni affidate ai segretari di Cgil-Cisl e Uil e a uno spaccato della società civile: un rappresentante degli studenti, dei pensionati, della scuola e al presidente dell’Anci, l’associazione dei Comuni, Cristiano Erriu. I sardi scendono in piazza nuovamente per denunciare i “ritardi e la superficialità” palesati dal governo nei confronti della Sardegna e per “ribadire l’inerzia della giunta Cappellacci”. L’aumento della povertà e i tagli sempre più profondi al welfare locale hanno suggerito l’adesione alla manifestazione di oggi anche alla Pastorale regionale per i problemi sociali e il lavoro: «Condividiamo le motivazioni dell’iniziativa e vogliamo stare a fianco del nostro popolo», spiega Pietro Borrotzu, direttore della delegazione regionale per i problemi sociali e il lavoro, il quale precisa: «Facciamo questa scelta non a rimorchio delle decisioni sindacali, ma dopo aver visto noi stessi e toccato con mano luoghi e temi delle crisi che attraversano tutta l’isola. Condividiamo con i sindacati la necessità di mettere al primo posto l’emergenza lavoro». Cgil–Cisl e Uil chiedono equità e giustizia per un’isola che non è mai stata messa in condizione di creare benefici permanenti per il suo sistema economico e che rischia di doversi ritrovare tra qualche anno a costruire su macerie: «L’Università di Sassari ha stimato che la popolazione dell’isola potrebbe ridursi di un terzo», afferma Enzo Costa, «e tanti comuni potrebbero andare incontro al completo spopolamento». Se questa è la diagnosi, la terapia non può che essere quella di creare lavoro; e se i privati, per la crisi, sono in posizione d’attesa, la prima mossa deve venire dal settore pubblico. Della manifestazione di oggi colpisce di più la presenza dei sindaci: i Comuni, stretti dai vincoli del patto di stabilità e di norme rivelatesi un boomerang come l’Imu, non hanno soldi da investire e di fronte hanno persone che chiedono loro un lavoro. Le risposte devono arrivare partendo proprio dai piccoli comuni.

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