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La nuova sardegna. Uccise il figlio nato dall’incesto: sconterà vent’anni

Drammatica udienza a Cagliari per il settantunenne di Nuxis Il pm aveva chiesto solo sei anni e 8 mesi per violenza

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di Mauro Lissia

CAGLIARI È stato lui, il nonno settantunenne Stefano C. a uccidere nel 1996 il neonato frutto del rapporto incestuoso andato avanti per venticinque anni con la figlia: il pm Sandro Pili aveva chiesto l'assoluzione dall'accusa di omicidio e la condanna a sei anni e otto mesi per violenza sessuale, ma il giudice Giuseppe Pintori ha gelato l'aula con una sentenza di condanna a vent’anni di carcere che riporta la terrificante vicenda di Nuxis alle prime battute dell'indagine, quando la Procura avanzò l'ipotesi di un accordo padre-figlia per far sparire quel piccolo nato da un'incredibile storia di violenza familiare. Lei, la madre-vittima di uno stupro diventato prassi quotidiana, risponderà comunque del concorso nel delitto e dovrà presentarsi l'11 marzo dell'anno prossimo davanti alla Corte d'Assise per un processo pubblico che si annuncia drammatico. Se l'accusa di omicidio dovesse trovare conferma nella sentenza, la donna rischia una pena altissima. Resta aperta però la possibilità che l'imputazione possa essere modificata in quella di infanticidio: in questo caso il reato risulterebbe prescritto. La sorpresa è arrivata alle 13.40, quando il giudice Pintori s'è infilato nell'aula gup del piano terra al palazzo di giustizia con una cartellina in mano. Dietro di lui l'imputato con il difensore Gianluca Aste e la figlia, assistita dall'avvocato Ignazio Ballai. Poi uno stuolo di familiari, in un silenzio carico di tensione. La lettura del verdetto non ha rotto quel silenzio, il padre-nonno è uscito a testa bassa e ha raggiunto una sedia nel corridoio, dove ha continuato a chiedere spiegazioni. La figlia si è allontanata senza dire una parola. Di certo non finisce qui questa vicenda nata nel febbraio del 1996 quando un automobilista vede sotto un cavalcavia il corpicino senza vita di un neonato. Era stato ucciso, soffocato con fazzoletti di carta infilati nella gola. I genitori del bimbo rimasero senza nome per anni fino a quando, guidati dalla denuncia tardiva di un parente, lo scorso novembre i carabinieri sono riusciti a identificarli. Il padre-nonno è stato arrestato e ha subito negato ogni addebito malgrado le conferme arrivate dal test del dna. La donna ha raccontato di aver partorito sola in un bagno e di aver consegnato il neonato vivo al padre senza conoscere le sue intenzioni, per poi tacere vinta dalla paura. Non è stato facile per la Procura ricostruire con un livello di dettaglio sufficiente una vicenda che fin dai primi momenti ha aperto la strada ai dubbi. Uno su tutti: il bimbo era vivo quando è stato preso in consegna dal padre? Il giudice Pintori - le cui motivazioni saranno depositate tra sessanta giorni - ha creduto a questa possibilità. Per il difensore, l’avvocato Aste, è vero cheil bambino era già morto quando Stefano C. ha preso il corpo e l’ha depositato in campagna, senza nasconderlo. Ma se questa fosse la verità la sola responsabile sarebbe la madre, una donna devastata da una vita di degrado, figlia-moglie di un uomo che la usava a proprio piacimento. Quella donna è stata dichiarata sana di mente e quindi consapevole di quanto è avvenuto in quei giorni del 1996. Una tesi fortemente contrastata dall’avvocato Ballai, per il quale a organizzare quel delitto è stato solo il padre.

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