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La nuova sardegna. Massama, appena inaugurato è già allagato

Materiali inadeguati, impianti in tilt, impermeabilizzazione inesistente nel carcere costruito dalla Intini di Bari

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di Giampaolo Meloni INVIATO A MASSAMA

Nel progetto non era previsto un sistema di apporto naturale dalla pioggia, eppure le infiltrazioni sono abbondanti. La copertura non protegge abbastanza e l’acqua si è ricavata percorsi di penetrazione all’interno della struttura, inzuppa una parte dei pavimenti e attribuisce un abbassamento significativo dell’indice di vivibilità interna. Un appalto da 50 milioni che ora richiede interventi onerosi per la sistemazione delle carenze che si erano rivelate già alla vigilia del trasferimento dei detenuti dalla vecchia Reggia giudicale alla Casa circondariale di Massama, investito dell’attività formale martedì con la cerimonia di intitolazione all’agente della polizia penitenziaria Salvatore Soro, trucidato con altri suoi colleghi nella notte tra il 17 e 18 novembre del 1945 durante un tentativo di fuga organizzato da 6 ergastolani. «Non mi risulta nulla in tema di disfunzioni», ha detto il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Giovanni Tamburino. Ma ha aggiunto: «L’impresa che ha costruito il carcere è tenuta a rispondere delle disfunzioni». Un’ammissione indiretta sulla verità di un problema denunciato più volte da fonti sindacali e comunque rafforzato dallo stesso Tamburino quando ha sottolineato (sepure ricorrendo alla forma ipotetica) che nel caso vi fossero problemi l’amministrazione non potrà che rivalersi nei confronti della società costruttrice: «Saranno fatte verifiche», ha voluto ribadire il capo del Dap. Nel periodo precedente la consegna dei lavori (ottobre scorso) la ditta Intini di Bari, che vinse l’appalto nel 2009, aveva manifestato difficoltà di ordine finanziario. Sulla precarietà di alcune opere interne, in prevalenza gli impianti tecnologici, avevano chiesto spiegazioni la scorsa primavera anche i parlamentari del Pd Caterina Pes e del Pdl Mauro Pili, il quale ha poi incalzato il ministero accusandolo di voler trasformare l’isola in una Cayenna con il trasferimento di detenuti sottoposti al regime del 41 bis (capi di organizzazioni criminali di tipo mafioso). Non è il solo disagio, quello dell’umidità. L’altra carenza rilevante che incide sul sistema delle comunicazioni interne e con l’esterno riguarda gli impianti di cablaggio e i sistemi telefonici non ancora completati. Il dirigente più alto del Dap non ha voluto sbilanciarsi su un argomento che proprio nel giorno della cerimonia avrebbe stonato, marcando un neo nel percorso che secondo il ministero della Giustizia è destinato a far progredire il sistema carcerario. «Il fatto rilevante – ha detto Tamburino – è che con le quattro nuove strutture in Sardegna la qualità della vita dei detenuti migliora. È un segno di cambiamento profondo». Entusiasmo che tuttavia non combaccia con la necessità di firmare in tempi recenti una perizia di variante per poter eseguire tutta la manutenzione. Compito affidato all’impresa sarda Cimas, che sta eseguendo gli interventi, compreso il completamento dei sistemi elettronici di chiusura e apertura dei cancelli e ne avrà il controllo per due anni, pur avanzando crediti ingenti per avere mandato a termine i lavori dopo l’uscita della Intini, senza però avere ricevuto le competenze economiche (in parte dalla stessa Intini e in parte dal ministero delle Infrastrutture). Spetterà poi alla stessa ditta effettuare i lavori di impermeabilizzazione, la cui necessità non è sfuggita anche ai componenti della commissione Diritti civili del consiglio regionale che poche settimane fa aveva visitato la struttura. Opere ingenti che alcuni tecnici esperti fanno derivare dalla qualità dei materiali usati. La parte più impegnativa e costosa sarà proprio quella relativa alle pavimentazioni, che dovranno in larga parte essere smantellate e ricostruite (l’area coperta complessiva della struttura è di 24mila metri quadrati), e all’impermeabilizzazione dei solai per bloccare le infiltrazioni. Intanto, pur nelle difficoltà si è dovuta osservare la tabella di marcia con il via al trasferimento. Tanto che allo stesso direttore del carcere Pierluigi Farci avrebbe preferito soprassedere, al momento. «Ma abbiamo imparato a nuotare», ha commentato con ironia, per dire che anche nei disagi ci si è dovuti adattare. A compensare lo scenario arrivano altri progetti. Il capo del Dap ha appena firmato il secondo e ultimo progetto “Colonia” che finanzia 900mila euro per iniziative sul reinserimento dei detenuti nelle colonie di Mamone, Isili e Is Arenas. Ancora: centomila euro destinati alla ristrutturazione di al Alcuni locali nella Reggia giudicale dove per centouno anni è stato ospitato il carcere e che ora saranno destinati a ospitare i servizi sociali della Casa circondariale. In attesa che il ministero, come richiesto dal sindaco Guido Tendas, avvii le procedure con il Demanio per la restituzione alla città del suo “palazzo dell’amministrazione”.

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