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La nuova sardegna. Il rilancio dell’agricoltura con la Banca della terra

La Regione verifica la possibilità di assegnare ai giovani le aree non coltivate Saba (Coldiretti): «Per gli istituti di credito le colture non danno garanzia»

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di Alfredo Franchini

CAGLIARI La Banca della terra ha debuttato in tre regioni, (Toscana, Liguria e Basilicata), sulla base di un modello riproducibile anche in Sardegna. Perché funzioni, però, occorre che la Regione, così come ha fatto due giorni fa la Toscana, metta a disposizione dei giovani agricoltori superfici agricole di sua proprietà o del demanio. «In Sardegna», spiega Luca Saba, direttore della Coldiretti, «ci sono migliaia di ettari di proprietà della Regione o del demanio che non vanno a produrre reddito. Sono terre incolte». L’agricoltura, spesso dimenticata, in Sardegna oberata di debiti, è uno degli sbocchi del futuro anche per l’occupazione giovanile. Diminuiscono le imprese del settore e le proiezioni demografiche dell’Università di Sassari disegnano uno scenario in cui, entro qualche decennio, la popolazione dell’isola potrebbe ridursi di un terzo. «Siamo la seconda regione d’Italia per la bassa densità con sessantanove abitanti per chilometro quadrato», afferma Luca Saba, «nella Banca della terra devono crederci sia i Comuni che la Regione per dare ai giovani la possibilità di avviare un’attività su terre non utilizzate». La Coldiretti sta lavorando sul progetto. Ieri l’assessore regionale all’Agricoltura, Oscar Cherchi, ha affrontato l’argomento con i responsabili delle agenzie Agris e Laore. «Per noi è un progetto molto interessante ma serve una ricognizione severa sulle proprietà: la maggior parte dei terreni regionali fa parte di quel Monte pascoli, figlio della riforma agraria. Ma c’è anche lo spazio lasciato aperto dalla smilitarizzazione di molte aree». L’unità organizzativa Monte pascoli della Regione ha come referente Roberto Fadda e tra i compiti deve provvedere alla gestione tecnica e amministrativa del patrimonio del demanio. Per la Regione mettere a disposizione dei giovani agricoltori superfici agricoli ha un duplice obiettivo: rilanciare la produzione agricola regionale che è in calo e dare una risposta alla domanda di lavoro. Il numero delle imrpese agricole in Sardegna è nettamente diminuito (-43,5 per cento contro una perdita sempre gravissima, (-32,2%), ma comunque inferiore del Paese». Inoltre le aziende agricole dell’isola, secondo l’ultimento censimento dell’Istat, mediamente piccole e a conduzione familiare stanno scontando un limitatissimo ricambio generazionale per le figure imprenditoriali. I giovani impegnati come capoazienda rimangono una piccola parte rispetto al totale: quelli sotto i trent’anni sono appena il 2,9 per cento, sia pure in leggera crescita rispetto al precedente censimento. Da segnalare che oltre un terzo dei conduttori delle imprese agricole sarde ha più di 65 anni e quasi il 15% ha superato i 75 anni. In aumento il peso delle imprese a conduzione femminile. Definita la questione delle terre, resta quella del credito. Spiega Luca Saba: «Bisogna che i produttori agricoli siano credibili per le banche perché purtroppo gli istituti di credito non concedono nulla sul valore della terra. Per fronteggiare il credit crunch, la Coldiretti ha rafforzato il proprio Consorzio fidi, il CreditAgri. Ma, ovviamente, occorre quel qualcosa in più che può venire solo da un rinnovato rapporto con il credito». Credit Agri è stato iscritto di recente nell’elenco speciale degli intermediari finanziari e, come tale, sottoposto alla vigilanza della Banca d’Italia. «E’ la banca degli agricoltori», afferma Roberto Grassa, consigliere delegato di Credit Agri, «siamo al servizio delle imprese agricole, agroindustriali e cooperative». «Un evento nel panorama creditizio, un progetto riuscito soprattutto grazie alla Coldiretti e alle imprese associate». Si calcola che sei imprese su dieci del settore agricolo non abbiano accesso al credito e il costo del denaro arriva addirittura al sei per cento.

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