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L'unione sarda. Il pm non fa sconti a nessuno: «Processo per i 18 consiglieri»

Sono tutti accusati di peculato. Il 5 dicembre parola alla difesa

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No. Non lo hanno proprio convinto. Né con le parole né con gli scontrini, le ricevute, le fatture, le pezze giustificative. Anzi. Le dichiarazioni rese da qualcuno, più di uno, durante l'istruttoria e l'udienza preliminare, lo hanno persuaso ancor più della necessità di verificare in Tribunale l'intera vicenda dei fondi destinati ai gruppi consiliari.
In un'ora e 40 minuti il pubblico ministero Marco Cocco tira le somme di un'inchiesta lunga tre anni e non fa sconti a nessuno: «I 18 indagati, consiglieri regionali della passata legislatura, devono essere tutti rinviati a giudizio per peculato». Questo vuol dire che nessuno ha fin qui dimostrato che i 2.500 euro destinati dall'Assemblea di via Roma a ogni componente del gruppi Misto e Sardegna Insieme siano stati effettivamente utilizzati per l'attività politico-istituzionale. Dunque: chi ha scelto la linea del silenzio dovrà per forza provare la liceità delle spese in un processo pubblico. Gli altri, quelli che invece si sono difesi a colpi di scontrini e ricevute, dovranno comunque ribadire le loro ragioni davanti al Tribunale: secondo il pm l'udienza preliminare non è la sede giusta per valutare se le pezze giustificative di un pranzo o di un viaggio siano legate all'attività politico-istituzionale del gruppo. Detto questo l'idea del pm è chiarissima: l'ironia sottile che ha accompagnato la ricostruzione delle giustificazioni di alcuni consiglieri regionali lascia poco spazio al dubbio.
LE ACCUSE L'europarlamentare Giommaria Uggias, per esempio: «Si è lamentato di essere sotto i riflettori della stampa da tre anni. Eppure, quando si è fatto interrogare, nel giugno 2010, aveva assicurato che avrebbe portato documenti per provare la sua correttezza in fatto di spese e soldi pubblici. Ma quelle carte le abbiamo viste solo due giorni fa, due anni e mezzo dopo. E ancora bisogna capire bene quel viaggio a Paestum durante il ponte dell'Immacolata: ragioni politico-istituzionali, ha detto. Ma non ho capito quali siano. E poi, le fatture intestate al suo studio di avvocato: vorrei vedere la dichiarazione dei redditi per capire se per caso siano state portate in detrazione».
Come dire: soldi pubblici per pagare meno tasse. Quanto a Sergio Marracini, ha portato la ricevuta di un hotel a Milano per Capodanno. «Quali le ragioni politiche? Ha incontrato gruppi di sardi? Abbiamo controllato», è l'affondo del pm, «ed era in camera con una signora. Allora è tornato per dire che c'era un errore sulle date, e il riferimento vero era a un viaggio di lavoro con un suo compagno di partito. E l'acquisto di due telecamere? Come si giustifica? Forse voleva allenarsi prima dei dibattiti in tv, una fissa su di sé, l'altra sul pubblico per percepirne le onde emotive»?
IL COLLABORATORE Il pm Cocco dimostra di non credere neanche a Maria Grazia Caligaris: «Ha risposto a tutte le domande con tono fermo e deciso. Ma ha pure detto che parte di quei soldi sono stati destinati al coordinatore della sua segreteria politica. Una giustificazione che a prima vista non sembra plaubisile». Pierangelo Masia, invece, ha usato i soldi del gruppo per pagare l'affitto di una appartamento per la sua segreteria politica: «Quell'immobille risulta di sua proprietà». Pure Peppino Balia ha giustificato le sue spese, «però ha detto di aver cambiato linea nella legislatura successiva, quando ha rendicontato tutto: come mai non lo ha fatto prima»?
L'AUTOMOBILE L'ironia più pungente il pm la riserva per Beniamino Scarpa: «Apprezzo che con quei soldi abbia acquistato una Audi A3 per i suoi collaboratori, lo apprezzo perché, essendo uguale alla sua, ha dimostrato di tenere a loro come a se stesso. Il problema è: quell'auto, dai costi elevati, serviva per l'attività politico-istituzionale del gruppo»?
IL MASSACRO Alla fine dell'udienza, alle 14 in punto, avvocati e indagati lasciano l'aula frastornati. Qualcuno, sottovoce, si lascia sfuggire un commento: «È un massacro». Il 5 dicembre il gup Cristina Ornano darà la parola all'avvocato Andrea Pogliani, parte civile per la funzionaria che, con la sua denuncia per mobbing, ha dato il via all'inchiesta. Subito dopo cominceranno le arringhe dei difensori dei diciotto indagati. Difficilmente in quella data ci sarà anche la decisione sul rinvio a giudizio, dal momento che alcuni difensori hanno già annunciato un impedimento. Si vedrà.
L'unica certezza è che tutti respingono al mittente le accuse: l'eurodeputato Giommaria Uggias, gli assessori regionali Oscar Cherchi e Mario Floris, Carmelo Cachia, Giuseppe Giorico, Sergio Marracini, Salvatore Serra, Tore Amadu, Renato Lai, Alberto Randazzo, Giuseppe Atzeri, Beniamino Scarpa, Maria Grazia Caligaris, Raimondo Ibba, Pierangelo Masia, Raffaele Farigu, Peppino Balia e Vittorio Randazzo. Gli ultimi due devono provare la legittimità di una spesa di poco superiore ai 30.000 euro, Atzeri 135.616, la Caligaris 136.661, Ibba 135.185 , Floris 129.511, Scarpa 117.528, Cherchi 81.920, Masia 78.922, Farigu 74.366, Uggias 32.500, Randazzo 30.350, Lai 24.200, Amadu 18.500, Giorico 235.693, Marracini 195.996, Cachia 52.724, Serra 44.787.
Per altri due indagati si procederà separatamente: Silvestro Ladu (al quale è contestata la spesa di oltre 250.000 euro) comparirà davanti al Tribunale l'11 gennaio, a meno che i giudici non decidano di riunificare questo troncone al principale, così come ha chiesto la difesa, mentre Adriano Salis ha scelto l'abbreviato e sarà processato il 6 febbraio.
IL MOBBING L'inchiesta che tiene col fiato sospeso l'intera politica regionale è cominciata con la denuncia per mobbing di Ornella Piredda: per dieci anni, fino al 2005, la funzionaria ha lavorato per diversi gruppi consiliari. Nel periodo in cui è stata alle dipendenze di Rifondazione comunista si era rivolta alla Commissione provinciale del lavoro che le aveva riconosciuto 60.000 euro e uno scatto in busta-paga legato all'attribuzione di una qualifica superiore. Con quei soldi aveva comprato un appartamento. Trasferita al Gruppo Misto, non aveva ottenuto il precedente trattamento retributivo e, non potendo più pagare il mutuo, aveva dovuto vendere la casa. Allora aveva posto al presidente del gruppo il problema della rendicontazione dei fondi erogati dal Consiglio regionale: 2.500 euro per ogni iscritto. In quel momento sarebbe cominciato il mobbing fatale.
M. Francesca Chiappe

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