Partecipa a labarbagia.net

Sei già registrato? Accedi

Password dimenticata? Recuperala

L'unione sarda. Bersani trionfa su Renzi

Per il segretario Pd oltre il 60% nel secondo turno delle primarie La delusione dello sfidante: «È stato bello, era giusto provarci»

Condividi su:

ROMA Bersani trionfa col 60,8 per cento: sarà il candidato premier del centrosinistra alle prossime elezioni di primavera. Renzi racimola il 39,2 per cento e accetta la sconfitta. Questo il responso delle urne al ballottaggio delle primarie del Pd. Ora comincia la battaglia vera.
Ieri sera il segretario del Pd ha vinto una doppia sfida: il popolo del centrosinistra lo candida, con il 60,8% a premier della coalizione e il leader Pd, vincendo le resistenze dei big del partito e grazie all'energia incarnata dal rottamatore Matteo Renzi, è riuscito a rimotivare l'elettorato in tempi in cui, come dimostrano da ultimo le elezioni siciliane, il vento di Beppe Grillo soffia forte. Lo sfidante esce, comunque, a testa alta, e con un pacchetto di voti che ora peseranno sugli equilibri futuri del Pd.
VENTI MINUTI Dopo 45 giorni di campagna elettorale, ci sono voluti meno di 20 minuti per capire che Pier Luigi Bersani aveva vinto le primarie e anche con un risultato tondo che gli permette la piena legittimazione che lui voleva. Alle 20,20 Matteo Renzi, arrivato al ballottaggio superando anche il leader di Sel Nichi Vendola, ammette con un tweet la sconfitta: «Era giusto provarci, è stato bello farlo insieme». Il sindaco di Firenze non ha gridato ai brogli anche se per tutta la giornata i renziani hanno polemizzato per alcune difficoltà ai seggi, in particolare in Toscana e a Roma. Ma il caos ai gazebo, temuto fino all'altro ieri, non c'è stato e già dopo pranzo Bersani ringraziava i 100 mila volontari che avevano consentito «la festa della democrazia».
FAIR PLAY Il segretario Pd, che aveva fortemente voluto le primarie, festeggia e annuncia: da domani «pensiamo tutti insieme all'Italia». Una mano tesa al rivale dopo una partita giocata all'insegna del fair play. Anche se non sono mancati scontri anche duri, come l'attacco di Bersani a chi «prende consigli da chi ha base alle Cayman» dopo la cena del sindaco con esponenti del mondo della finanza, tra i quali il finanziere Davide Serra.
O, da ultimo, il pesante affondo dei renziani per chiedere la massima apertura ai votanti del secondo turno, con il «mail bombing» che ha intasato i server dei comitati provinciali e i bersaniani pronti ad accusare i rivali di voler «sabotare» le primarie.
DUE MESI Ma, seppur tonici, «una battaglia vera», come dice Romano Prodi, i due mesi di confronto sono trascorsi all'insegna della correttezza al punto che da più parti il sospetto è che Bersani e Renzi fossero d'accordo sin dall'inizio e che ora all'orizzonte ci sia un ticket con Bersani premier e Renzi segretario del Pd o ministro. «Le primarie non sono un congresso, non servono ad aprire tavoli o tavolini», ha sempre negato il segretario Pd così come il sindaco che ha sempre assicurato che, in caso di sconfitta, resta a fare il sindaco di Firenze senza «chiedere premi di consolazione». Ma che Renzi avrà voce in capitolo nella compilazione delle liste elettorali non è un mistero ed è interesse di Bersani attrarre, tramite Renzi, quegli elettori, tra i quali molti delusi che si erano allontanati dalla politica, tornati ai seggi grazie al sindaco di Firenze. «Bersani e Renzi saranno da domani come Obama e Hillary», è l'immagine usata da Dario Franceschini per descrivere come, dopo la battaglie per le primarie, i due marceranno uniti per vincere le elezioni.
L'AFFLUENZA Sono stati quasi tre milioni i cittadini che sono tornati a votare al ballottaggio delle primarie del centrosinistra. Un dato in leggero calo rispetto a domenica scorsa, che il presidente del comitato dei garanti Luigi Berlinguer ha comunque definito «meno che fisiologico» e che, in ogni caso, sembra decisamente ininfluente rispetto agli oltre venti punti percentuali di scarto che dividono il segretario Pier Luigi Bersani dal sindaco e suo competitor Matteo Renzi.
Dati che fanno scemare le polemiche degli ultimi giorni con le paginate sui giornali e il «mail bombing» dei renziani per allargare il più possibile la platea elettorale della scorsa tornata e cercare di rosicchiare voti. La sensazione è che, anche se fossero stati ammessi tutti i potenziali elettori respinti, il responso non sarebbe cambiato.

Condividi su:

Seguici su Facebook