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La nuova sardegna. Ultima chiamata per l’isola dall’Ue 3 miliardi di euro

Intesa tra Regione e parti sociali sul nuovo quadro comunitario di sostegno La programmazione riparte dal basso e dalle richieste delle imprese

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di Alfredo Franchini

CAGLIARI Tre miliardi che la Sardegna deve utilizzare al meglio per creare un po’ di sviluppo. E’ la stima delle risorse che saranno messe a disposizione dell’isola dai Fondi strutturali europei a partire dal 2014: la data sembra lontana ma, nella programmazione economica, è come se fosse domani. E’ una nuova stagione della programmazione su cui la Regione e le parti economiche e sociali hanno sottoscritto un protocollo d’intesa. «L’Europa è sempre più spesso percepita come un problema ma, invece, è l’unica occasione che abbiamo per poter cavalcare la crisi e superarla», afferma Filippo Spanu, segretario della Confartigianato, «la stretta dei fondi pubblici nazionali da dedicare alla crescita implica una maggiore attenzione verso le altre risorse finanziarie». La crisi ha cambiato l’economia e modifica il modo di lavorare: «Gli imprenditori non devono credere di poter piegare a piacimento i fondi europei. E’ il momento delle scelte importanti». La nuova programmazione ridà potere alle idee non più calate dall’alto ma che vengono dal territorio. «E’ necessario avere obiettivi chiari che, attraverso una corretta programmazione, ritaglino i fondi direttamente sulle necessità delle imprese», spiega Andrea Murgia, corresponsabile a Bruxelles del programma operativo Fesr. La Sardegna avrà a disposizione le stesse risorse del quadro comunitario 2007-2013, una buona provvista finanziaria, che però sarà per l’ultima volta. Si tratta di rompere col passato se si vogliono creare benefici permanenti per il sistema economico sardo. Sulle scelte da fare è iniziato il confronto nel partenariato regionale, ma le scelte devono coinvolgere tutte le istituzioni e le associazioni. «Il successo della nuova programmazione europea», afferma Massimo Sabatini, direttore dell’area Mezzogiorno per la Confindustria, «dipende proprio da quanto le imprese chiederanno di inserire e dalle regole che la governeranno. Serve una programmazione non più per idee ma per azioni». Non basta, insomma, riuscire a spendere i soldi a disposizione che comunque è un successo ma spenderli bene. Risultato che si può ottenere con una governance, con la pianificazione. «Non riusciamo a fare sistema», afferma Tonino Piludu, presidente del Crel, «e dobbiamo fronteggiare due grandi punti critici: le difficoltà di funzionamento della pubblica amministrazione e gli ostacoli, sempre più alti, nell’accesso al credito». Uno degli errori da evitare è quello di disperdere, come è accaduto e come accade ancora, le risorse in mille rivoli; quello di ipotizzare un progetto all’ultimo minuto per recuperare soldi che altrimenti resterebbero nelle casse di Bruxelles. Le strategie dell’Europa puntano su tre elementi: la crescita intelligente, (conoscenza e innovazione); la crescita sostenibile (un’economia più efficiente sotto il profilo delle risorse, più verde e più competitiva); la crescita inclusiva, (per promuovere azioni con un alto tasso di occupazione, il vero problema dei problemi, e favorire così la coesione sociale e territoriale). Ma se la programmazione deve ripartire dal basso, la Regione deve avere le carte in regola e deve predisporre piani regionali, (ad esempio quello dei trasporti o dell’energia), e riformare la macchina amministrativa per far partire a tempo i bandi.

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