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L'unione sarda. Festa a Orani, ecco il museo che racconta tutto Nivola

L'omaggio del suo paese. Ricordando la moglie Ruth

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Quel giorno in cui il padre Costantino inventò il sand casting (cioè la tecnica di calco sulla rena per il rilievo) mentre giocava sulla spiaggia con i suoi figli si confonde ormai tra leggenda e realtà. Ma Claire Nivola ricorda benissimo suo babbo mentre per gioco faceva sedere in riva lei, suo fratello Pietro e gli altri bambini, scolpiva con la sabbia bagnata una gamba finta e poi la amputava per scherzo.
Raffinata semplicità, sabato sera a Orani, a salutare la nuova ala del museo dedicato a Costantino Nivola. Presenti gli assessori regionali Sergio Milia, Cultura, e Luigi Crisponi, Turismo, vari consiglieri e il deputato Bruno Murgia. Pochi gli orpelli, sobri i discorsi. In linea con il grande artista che visse e compose libero da prosopopee, nato e allevato in quella terra di Barbagia che costella le vite di simboli e archetipi e che nel 1926 lo lasciò andare via senza troppi patemi.
Dopo otto anni tra progettazione, messa in cantiere e completamento, il secondo spazio va ad arricchire una galleria regionale che ora narra tutto Nivola attraverso un compiuto ventaglio delle sue opere, proprio in quella Orani in cui nel 1911 nacque, sesto di dieci fratelli, da un muratore e da una casalinga. Gioiello architettonico incastonato tra gli ulivi e nitriti di cavalli a richiamare l'amore infinito per l'agro con cui lo scultore, pur viandante internazionale, tenne ben saldi i legami.
Costantino Nivola tornava spesso nella piccola comunità che lo aveva concepito, per respirarne l'aria, attingerne nuova ispirazione, ritrovare gli affetti, ma anche seminare tutte le cifre dei suoi nuovi vissuti, delle esperienze che lo attraversavano senza mai intaccare il bimbo che c'era in lui: «Sempre alla ricerca di un valore figurativo universale», osserva Ugo Collu, presidente della fondazione Nivola, «le sue creazioni sono varchi verso l'azzurro del cielo, nutrimento culturale che conduce a luoghi sacri. Lungi però da vanaglorie. Basti solo pensare alla proposizione in chiave artistica di materiali ritenuti indegni come sabbia, calce e cemento. Fu quasi uno scandalo, allora».
Perché il postulato esistenziale di Costantino Nivola fu sicuramente la genuinità. Fu l'ironia a cadenzare la sua continua sperimentazione, dalle grafiche pubblicitarie per la Olivetti ai contributi pittorici, con le vedute di Orani accanto a Times square e gli scorci della complicata, oscura e caotica New York, sua patria di adozione. Nella sua straordinaria parabola artistica tempere, autoritratti, l'afflato viscerale delle varie versioni della dea Madre, i bozzetti e le terrecotte del periodo più maturo. E la sua Ruth Guggenheim, moglie, amica, compagna, madre di Pietro e Claire, che custodiscono gli insegnamenti di due genitori al di sopra di ogni banalità.
La ricordano tutti, Ruth, scomparsa nel 2008 a vent'anni dalla morte del marito, gentile ma ferma nel dare un contributo decisivo all'impostazione della nuova ala. La menzionano giustamente il sindaco Franco Pinna, l'architetto Gianfranco Crisci e il curatore Carlo Pirovano: «Si raccomandò tantissimo, e più volte, che non toccassimo quella fontana dove le donne un tempo andavano a lavare i panni», racconta, «ne abbiamo fatto il punto di partenza e di arrivo del museo, il fulcro da cui le creazioni di Nivola si spostano verso l'esterno per incontrare il paese e poi tornare».
A concludere l'amarcord proiettato al futuro, l'improvvisazione del sassofonista Gavino Murgia e le parole di Pietro Nivola: «Spero che la vostra fedeltà e il vostro entusiasmo rimangano sempre vivi, così come sono ora. Mi auguro che questo sia il punto di partenza per un ulteriore sviluppo culturale», dice rivolto ai tanti oranesi accorsi per rendere omaggio a suo padre così come fecero in quel 1958 mentre decorava la facciata di Sa Itria: «Una montagna da scalare ma in cui respirare a pieni polmoni», confessa nel ricordarlo in separata sede.
Francesca Gungui

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