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L'unione sarda. Governo appeso a un filo

Passera boccia il Cav che replica negando i voti Pdl sul Dl Sviluppo e sui costi della politica. Oggi Alfano al Colle, Monti ostenta serenità

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ROMA Traballa il governo sotto i colpi inferti da Silvio Berlusconi e dai suoi dopo la nuova parola d'ordine partita da palazzo Grazioli all'indomani dello strappo del Cavaliere contro un governo - dice - che lungi dal sanare il paese lo avrebbe portato sull'orlo del baratro. E nella giornata della doppia fiducia al governo (sul decreto Sviluppo e sui costi della politica), per l'ex premier è stato facile impugnare il coltello dalla parte del manico mettendo l'esecutivo di Monti con le spalle al muro. Tutto ha avuto inizio al mattino, quando il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera è andato in tv a sostenere che «un ritorno al passato» sarebbe stato pericoloso. Immediata la reazione del Pdl, con il passaparola partito dal Senato e passato poi a Montecitorio.
L'ANNUNCIO Parlando con i suoi più fedeli collaboratori, Berlusconi (a cui ieri è arrivato il sostegno di un centinaio di parlamentari, mentre gli ex fedelissimi Frattini, Meloni, Crosetto, Mantovano e Pisanu lo hanno invitato a desistere) ha detto che presto parlerà alla Camera per annunciare il ritiro della fiducia a Monti e la sua (ri)discesa in campo. Questione già anticipata da Alfano: «Le primarie sono inutili, se il presidente è in campo non c'è gara».
LA REAZIONE Il professore non si è fatto intimorire e si è posto in fiduciosa attesa rispetto alle prossime mosse del Quirinale che chiamerà presto a rapporto tutti leader delle forze politiche della maggioranza. Il Colle infatti ha bisogno ora di sondare le forze politiche per poi decidere i passi successivi (pesa tra l'altro il requiem sulla riforma elettorale) anche se il governo ha alla fine incassato ancora una volta la fiducia (doppia, ma di “minoranza”).
ADDIO A MONTI A formalizzare lo strappo, tenendo però il governo sulla corda (il Pdl ha infatti assicurato il numero legale) è stato in mattinata il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri che ha annunciato l'astensione sulla fiducia al Dl Sviluppo: «Non una rottura - ha spiegato - ma una presa di distanza netta e totale». Una mossa inaspettata che si è prestata a una doppia lettura: poco prima il ministro Corrado Passera, bollato da Fabrizio Cicchitto come «untorello», aveva - come detto - bocciato l'annunciato ritorno in campo di Berlusconi. Parole che avevano subito scatenato la reazione dei fedelissimi del Cav. Ma anche altro bolliva in pentola: proprio ieri si era riunito il Consiglio dei ministri per il travagliato parto delle cosiddette Liste pulite, ossia le norme sulla incandidabilità, quelle che tagliano le gambe a chi con la fedina sporca pensa comunque di sbarcare in Parlamento.
LA GUERRA Ad accendere la miccia, poi, è stato il capogruppo del Pdl alla Camera nella dichiarazione di voto sul Dl sui costi della politica. Fabrizio Cicchitto, nell'annunciare l'astensione del partito ha rovesciato il tavolo: «La misura è colma - ha tuonato - perché il governo ha boicottato gli impegni come quello sulle intercettazioni. Ha quindi tirato un bilancio totalmente negativo sull'operato del governo («zero crescita, zero equità»).
I FEDELISSIMI Monti, mitragliato dal centrodestra è stato però protetto da Casini e anche da Bersani: il leader Udc e il segretario Pd hanno fatto asse e dopo un vertice serale hanno espresso comune preoccupazione per la linea del Pdl contro l'esecutivo Monti, temendo soprattutto per la situazione economica e finanziaria del Paese. Ma in mattinata il capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro aveva invitato il premier a prendere atto dell'atteggiamento della pattuglia berlusconiana, salendo al Quirinale e presentando le dimissioni del suo esecutivo.
L'ATTESA Il Prof, per parte sua non ha perso il tradizionale aplomb e non ha mostrato preoccupazione per il destino del suo governo. Ha detto che in attesa delle valutazioni di Napolitano e dell'esito dell'incontro che oggi il presidente della Repubblica avrà con il segretario del Pdl Angelino Alfano, il governo andrà avanti con il suo lavoro. Ma intanto ieri il capo dello Stato ha bacchettato le forze politiche per le convulsioni di cui sono preda, che rischiano di bruciare i buoni risultati fin qui conseguiti: «Guai - ha ammonito - a mandare tutto a picco».

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