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La nuova sardegna. Il Pdl sardo tiepido ma dà l’ok alla svolta

Pili avvia oggi la campagna elettorale. Pittalis: «Unità ritrovata». Beppe Pisanu si dissocia: «Monti deve andare avanti»

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di Alfredo Franchini

CAGLIARI Berlusconi tiene sulla corda il governo Monti ma in Sardegna il Pdl ha un atteggiamento tiepido sulle elezioni anticipate. Un modo di vedere diverso anche a seconda di chi aveva creduto nelle elezioni primarie, programmate da Alfano e soppresse con la decisione di Berlusconi di ridiscendere in campo. Mauro Pili non ha perso tempo e stamani lancerà a Barumini la campagna elettorale: «Presenteremo il Manifesto Unidos libertà per la Sardegna», spiega, «con il programma per l’isola in rapporto allo Stato e all’Europa. A quel punto avvierò il confronto con il candidato del Pdl». Ma è un confronto già deciso se il candidato sarà davvero Berlusconi di cui Pili è un fedelissimo. Né Pili avrà problemi a votare contro il governo: «L’ho fatto già altre volte», specifica. Il capogruppo in Consiglio, Pietro Pittalis, è in linea con il segretario Alfano nel giudicare chiusa l’esperienza del governo tecnico, ma con la consapevolezza che potrebbe arrivare alla scadenza naturale. Rimpianti per le primarie mancate? «Nessuno», risponde Pittalis, «il ritorno in campo di Berlusconi rappresenterà un sicuro momento di aggregazione e di unità. Anche chi era in posizione critica ha già manifestato una rinnovata adesione al Pdl». Chi, invece, sembra essere sempre più distante è il “montiano” Beppe Pisanu, presidente della commissione Antimafia, ex ministro dell’Interno nel governo Berlusconi: «Monti deve ricostituire la maggioranza numerica, se non politica», spiega Pisanu, «deve farlo sui contenuti dell’Agenda, degli impegni da realizzare». L’ex ministro dell’Interno, che in molti danno più vicino all’Udc di Casini, mette in guardia anche sui pericoli che tutta questa vicenda potrà portare sui mercati finanziari se non sarà gestita al meglio; che vuol dire far ripartire l’azione del governo, evitando che il quadro politico si sfaldi anzitempo. Antonio Pitea che all’Udc è già passato e da ieri è segretario del Consiglio regionale, al posto di Andrea Biancareddu, neo assessore all’Ambiente, spiega: «Berlusconi si era dimesso perché la situazione del Paese richiedeva atti che nessun governo politico avrebbe potuto prendere e tutti li hanno condivisi. Ora qualcuno si illude che si possa continuare a fare politica come nel passato? Mi auguro che finisca il fenomeno dell’astensionismo, una quota di elettorato di cui tutti vogliono impadronirsi e si torni a fare politica vera». E se le elezioni devono essere anticipate, «facciamole subito senza tergiversare, senza vedere chi è preparato e chi non lo è», dice Pitea. I parlamentari del Pdl plaudono la brusca accelerazione. Giocano nella soddisfazione anche fattori poco nobili: la certezza di votare con il sistema del porcellum su tutti. Senza la possibilità di organizzarsi, le liste di Berlusconi dovrebbero puntare ancora sui nomi forti di deputati e senatori uscenti, di coloro che dispongono di un bacino di voti personali. Un altro punto che limita gli scontenti è la certezza di votare ancora senza tenere conto della riduzione dei parlamentari. Un elemento che potrebbe favorire anche in Sardegna lo scioglimento del Consiglio regionale: il voto anticipato nell’isola porterebbe ancora all’elezione di ottanta consiglieri perché al taglio che ne ridurrà il numero a sessanta, manca ancora un passaggio legislativo. In Senato, Fedele Sanciu plaude la svolta: «Il passo indietro fatto un anno fa da Berlusconi non è servito a nulla» e Silvestro Ladu vota contro la fiducia: «Uno strumento che mortifica il parlamento», dice, ma di cui il governo Berlusconi aveva fatto ampio uso.

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