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La nuova sardegna. PASTORIZIA. Agnelli, i macellatori: «Nessun complotto»

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SASSARI «Nessun cartello, nessun complotto e nessuna intenzione di penalizzare gli allevatori sardi per la campagna degli agnelli». I macellatori hanno deciso di spiegare la loro posizione, per sgombrare il campo dai dubbi sul loro operato, ma soprattutto per non essere accusati di “sciacallaggio”. Ma la tensione tra le parti resta alta e inutile è stata la mediazione dell’assessore regionale all’Agricoltura. Solo una forte richiesta del mercato potrebbe migliorare la situazione, ma per il momento le prospettive sono negative. «Le accuse nei nostri confronti sono infondate – hanno spiegato i macellatori in un comunicato diffuso attraverso la Confcommercio Sardegna –. Da parte degli allevatori sono state fornite letture distorte di un mercato degli agnelli che i morsi della crisi stanno rendendo molto complesso. La drastica riduzione dei consumi delle famiglie ci impone di navigare a vista e, quindi, di non caricarci di eccessive quantità di prodotto che il mercato non è in grado di assorbire. La nostra cautela è dettata da queste incertezze, che ci costringono ad acquistaredai produttori i quantitativi ritenuti più vicini all’effettiva richiesta del mercato». Fin qua la spiegazione dei motivi che hanno provocato la “rottura”, ma poi i macellatori sono passati al contrattacco: «Pastori e allevatori non possono inscenare vittimismo e creare confusione affermando che il prezzo dell’agnello vivo è di 4 euro al chilo, omettendo che un chilo a peso morto corrisponde a circa 7 euro. E se si pensa – hanno insistito i macellatori – che il prezzo medio dell’agnello sardo al banco è di 8,90 euro al chilo è evidente che nell’esiguo margine di 1,90 euro devono rientrare i costi di trasporto, macellazione e distribuzione: questa sarebbe la nostra speculazione? Purtroppo, i prezzi di quest’anno sono rimasti invariati e quindi noi macellatori non abbiamo scelta, anche se abbiamo sempre riservato un trattamento di miglior favore agli allevatori sardi, aggiungendo 50, 70 centesimi in più rispetto agli agnelli laziali e toscani. Infine – hanno concluso – siamo pronti a ritornare al tavolo regionale per parlare di agnello Igp, anche se quelli col marchio sono solo una minima parte di quelli commercializzati perchè non tutti gli allevatori fanno parte del Consorzio di tutela. Mentre sarebbe bene inserire tutti gli allevamenti sardi nella filiera rispettando i parametri di tracciabilità». (plp)

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